L’oro dello Zimbabwe
 

di Marcello Soave 26/05/2007

 

       

 

L’Africa del sud è da sempre considerata una terra di grandi ricchezze minerarie: in particolare l’oro del Sud Africa (650-700.000 kg annui, 62% della produzione mondiale) è una sbalorditivo primato. L'area di estrazione più famosa è il Rand (Transvaal), ma ad essa si sono aggiunti numerosi altri giacimenti, come quelli di Odendaalsrus e di Elsburg (si tratta nel complesso di una cinquantina di miniere). Ma esistono prove del fatto che nell'Africa meridionale, nel Paleolitico, ci fossero delle miniere? Gli studi archeologici dimostrano che era così.

La maggiore compagnia mineraria del Sud Africa, la Anglo-American Corporation, valutando la possibilità concreta che la collocazione delle antiche miniere abbandonate segnalasse delle concentrazioni d'oro, nel 1970 reclutò un gruppo di archeologi perché andassero a riscoprire le antiche miniere. La pubblicazione dei risultati delle ricerche (Adrian Boshier e Peter Beaumont su Optima, il giornale della corporazione) riporta in dettaglio la scoperta nello Swaziland e in altre località del Sud Africa di estese aree minerarie con gallerie di una profondità di quasi venti metri. I resti di carbone e gli oggetti in pietra stabiliscono per questi insediamenti una datazione al radiocarbonio, effettuata presso la Yale University e presso l’Università di Groningen, in Olanda, intorno al 35.000, 46.000 e 60.000 avanti Cristo. Gli archeologi e gli antropologi che hanno lavorato a datare i reperti sono convinti che la tecnologia mineraria venne impiegata nell'Africa meridionale per gran parte del periodo successivo al 100.000 avanti Cristo. Nel settembre 1988, una squadra di fisici internazionali arrivò in Sud Africa per verificare la datazione degli insediamenti umani nello Swaziland e nello Zululand. Le tecniche più moderne di datazione indicarono un’età tra gli 80.000 e i 115.000 anni.

Secondo la moderna paleoantropolgia, il Sudafrica fu probabilmente la "culla dell'umanità"; qui (soprattutto nella zona del Transvaal) si sono infatti trovati fossili di australopiteci, Homo habilis, Homo erectus e Homo sapiens sapiens. E’ proprio nell’Africa del sud e 100.000 anni fa che avviene il passaggio Homo Sapiens – Homo Sapiens Sapiens (passaggio cruciale perché improvvisamente aumenta il volume cranico).

 

 

Riguardo alle miniere d'oro più antiche, esse sono nello Zimbabwe del Sud: le leggende Zulù affermano che erano utilizzate da "schiavi di carne e sangue prodotti artificialmente e creati dalla Prima Gente"! Questi schiavi, raccontano le leggende Zulù, "scesero in battaglia con l'Uomo-Scimmia" quando "la grande guerra stellare apparve nel cielo". Uno storico sudafricano e uomo di medicina Zulù, tale Credo Mutwa di Vusamazulu, ha pubblicato vari libri sull’argomento tra cui “Indaba figli miei, racconti popolari africani” (Vusamazulu Credo Mutawa, Indaba my children: african folk tales, Paperback, 1999). Inoltre è proprio in Zimbawe che ci sono gli unici siti archeologici in pietra (granito Matopan) dell’Africa nera: parliamo dei monumenti nazionali del Gran Zimbawe e delle rovine Khami. Questi siti sono beni appartenenti al Patrimonio dell'Umanità UNESCO (inseriti nel 1986). Gran Zimbabwe è nella provincia di Masvingo, a 29 Km dalla città di Masvingo (già Fort Victoria) a 20°17’S 30°57’E. Le rovine si estendono in un'area di 7 km² a un'altitudine di 1.100 m slm, nell'altopiano di Harare.

 

 

    

 

La città era già abbandonata quando i primi esploratori portoghesi giunsero nella zona e gran parte delle circostanze relative alla sua creazione, alla sua storia e ai motivi del suo declino sono incerte e controverse. In genere si ritiene che la città fosse il centro di un vasto impero di etnia Shona, chiamato impero di Monomotapa, che controllava una vasta regione compresa fra gli odierni Zimbabwe e Mozambico. In ogni caso gli Shona la chiamavano Dzimba dzemabwe o Zimbabwe, termini che significano “case di pietra”. Le rovine rivelano un piano urbanistico suddiviso in due parti: il complesso della collina e i complessi delle valli. Il complesso sulla collina era probabilmente il centro rituale della città.

L'edificio principale viene chiamato imba huru (il "grande recinto", talvolta detto anche impropriamente "il tempio"); la sua cinta muraria è quasi totalmente conservata. Il muro principale della cinta è alto 10 m e lungo 250 m circa, per un totale di 15.000 tonnellate di pietra. Nel recinto orientale dell’acropoli sono state ritrovate sette sculture complete a forma d’uccello, tutte alte circa 35 cm, che rappresentano Mwari, l’uccello tuono. Queste sculture sono state recentemente restituite dal Sudafrica e adottate come emblema nazionale dallo Zimbabwe. Inoltre nell’acropoli vi è un crogiolo, addossato al recinto orientale, destinato alla fusione dell’oro.

 

   

 

 

Fin qui la scienza ufficiale, ma uno studioso russo di tavolette mesopotamiche, Zecharia Sitchin, ha trovato dei riferimenti che spiegherebbero questi straordinari ritrovamenti archeologici. Secondo Sitchin la mitologia Sumera va presa alla lettera e gli dei sumeri non sarebbero altro che alieni che crearono l’uomo 100.000 anni fa. Ma andiamo con ordine.

 450.000 anni fa su Nibiru, un membro lontano del nostro sistema solare popolato da alieni, la vita va lentamente estinguendosi a causa dell’erosione dell’atmosfera del pianeta. Deposto da Anu, il sovrano Alalu fugge a bordo di una navetta spaziale e trova rifugio sulla Terra. Qui scopre che sulla Terra si trova l’oro, che si può utilizzare per proteggere l’atmosfera di Nibiru. 445.000 anni fa, guidati da Enki, figlio di Anu, gli Annunaki (gli alieni del pianeta Nibiru, i biblici “nefelim” che Sitchin chiama col loro nome sumerico, probabilmente discendenti dai Pleiadiani di Meier) arrivano sulla Terra, fondano Eridu – la Stazione Terra I – per estrarre l’oro dalle acque del Golfo Persico. 416.000 anni fa ,poiché la produzione d’oro scarseggia, Anu arriva sulla Terra con Enlil, il suo erede. Viene deciso di estrarre l’oro vitale attraverso scavi minerari nell’Africa meridionale. 300.000 anni fa gli alieni che lavorano nelle miniere d’oro si ammutinano per la durezza del lavoro. Enki allora crea dei lavoratori primitivi attraverso al manipolazione genetica degli ovuli di donne-scimmia; le nuove creature (Homo erectus con quoziente di cefalizzazione 3,3) sostituiscono gli alieni nelle attività manuali. 100.000 anni fa gli alieni sposano sempre più spesso le figlie dell’uomo, aggiungendo così maggiormente il proprio patrimonio genetico (Homo sapiens con quoziente di cefalizzazione 5,8).

Il dominio del territorio di estrazione in Africa del sud (AB.ZU in sumerico, apsu in accadico) venne affidato a Enki. A volte il dominio di Enlil (la mesopotamia) veniva anche definito Mondo Superiore, in opposizione al Mondo Inferiore di Enki. Anche il nostro termine abisso (che deriva da apsu) indica un luogo profondo, inferiore. Un testo sumerico che si riferisce a una disputa tra Nergal (signore del Mondo Inferiore) e Marduk (figlio di Enki), tratta del viaggio che fece Marduk per raggiungere il Mondo Inferiore:

 

Nel lontano mare

A cento beru d’acqua …

Si trova la terra di Arali …

E’ là dove le pietre azzurre causano mali,

dove l’artigiano di Anu

porta l’ascia d’argento, che brilla come il giorno.

 

Il beru, che è un’unità di misura tanto di superficie quanto di tempo, veniva probabilmente utilizzata in questa seconda accezione con riferimento ai viaggi via acqua. Ogni beru corrispondeva a due ore, perciò cento beru equivalevano a duecento ore di viaggio. Quindi con un viaggio via nave, la destinazione doveva essere ad almeno tre o quattromila chilometri di distanza. I testi indicano che Arali era situata ad ovest e a sud di Sumer (la mesopotamia). Una nave che, partendo dal Golfo Persico, viaggiasse in direzione sud-ovest per circa 4000 km non poteva avere che una destinazione: le coste dell’Africa meridionale. Solo una conclusione di questo genere può spiegare le espressioni Mondo Inferiore – che indicherebbe allora l’emisfero meridionale o australe, dove stava la Terra di Arali – e Mondo Superiore – cioè l’emisfero settentrionale o boreale, dove si trovava Sumer. Una tale divisione degli emisferi terrestri tra Enlil (a nord) ed Enki (a sud) corrisponde al nome attribuito ai cieli dell’emisfero boreale (Via di Enlil) e a quelli dell’emisfero australe (Via di Enki). D’altra parte molti sigilli cilindrici raffigurano animali tipici di quella regione (zebre, struzzi), scene della giungla o sovrani con indosso pelli di leopardo, secondo l’usaza africana. Inoltre secondo la grammatica sumerica la disposizione delle sillabe all’interno di una parola non influiva sul suo significato: AB.ZU e ZU.AB, quindi, avevano lo stesso significato. La forma ZU.AB, in particolare, sembra avere un preciso parallelismo con il termina za-ab che, in ebraico e nelle altre lingue semitiche, ha sempre significato “metallo prezioso”, in particolare “oro”. Per quanto riguarda “le petre azzurre che causano mali”, va detto che i minerali auriferi sudafricani contengono anche una notevole quantità di uranio, che viene lavorato in diversi impianti (6.500 t di ossido di uranio) e l'uranio emette radon, un gas radioattivo, nonché altri prodotti di decadimento altrettanto radioattivi, che causano il cancro ai polmoni.

Alcuni inni mesopotamici esaltano Enki come Bel Nimiki, tradotto generalmente con “signore di sapienza”; la traduzione corretta, invece, sarebbe senza dubbio “signore delle miniere”. I minerali metalliferi che gli alieni estraevano in Africa meridionale venivano trasportati in Mesopotamia a bordo di speciali imbarcazioni da carico chiamate MA.GUR UR.NU AB.ZU (“navi per minerali del Mondo Inferiore”). Una volta giunti qui, i minerali venivano portati a Bad-Tibira, il cui nome significa letteralmente “il fondamento della lavorazione dei metalli”. Fusi e raffinati, i metalli erano poi colati in lingotti la cui forma rimase immutata per millenni in tutto il mondo antico. Ne sono stati ritrovati numerosi esemplari in diversi siti archeologici del Vicino Oriente, il che conferma che davvero i pittogrammi sumerici

 

   

erano rappresentazioni fedeli degli oggetti “scritti”. Il segno sumerico che indicava il remine ZAG (“prezioso purificato”) era la raffigurazione del lingotto; sembra che anticamente esso fosse perforato nel senso della lunghezza e che attraverso il foro si facesse passare un bastone per trasportarlo. In molte raffigurazioni, il dio delle acque correnti appare affiancato da uomini che portano appunto lingotti di questo tipo, a indicare che egli era anche il signore delle miniere. Arali era così chiamata perché A.RA.LI viene tradotto con “luogo dei filoni splendenti”, cioè l’Africa del sud, la terra da cui provengono i minerali metalliferi.

Con l’avvento dell’Islam, gli Arabi si impadronirono delle rotte principali e fondarono sulla costa orientale africana numerose città che monopolizzarono il commercio di porcellane cinesi, tessuti indiani e perle di vetro, ceduti agli Shona in cambio di oro, rame, avorio e schiavi. Assieme ai commerci si diffusero anche i miti Shona sulla creazione. Da queste notizie gli Arabi dedussero che il Gran Zimbabwe non poteva essere altro che il mitico e perduto paese di Ophir, dove il biblico Libro dei Re situava le miniere di re Salomone. Le sue navi scendevano per il Mar Rosso da Ezion-geber (l’odierna Elath) “e andavano a Ophir e da là prendevano oro”. Per non rischiare di dover ritardare la costruzione del Tempio del Signore a Gerusalemme, Salomone si mise d’accordo con il suo alleato, Hiram, re di Tiro, per mandare una seconda flotta a Ophir seguendo un’altra rotta:

 

E il re aveva in mare una flotta di Tarshish

Con la flotta di Hiram.

Ogni tre anni arrivava la flotta di Tarshish,

e portava oro e argento, avorio e scimmie.

 

La flotta di Tarshish impiegava dunque tre anni per andare e tornare da Ophir. Se teniamo conto del tempo che occorreva per effettuare il carico, possiamo dedurre che il viaggio in ciascuna delle due direzioni doveva durare ben più di un anno. Ciò fa pensare ad una rotta molto più lunga rispetto alla linea diretta attraverso il Mar Rosso e l’Oceano Indiano, una rotta che forse circumnavigava l’Africa da ovest. Molti specialisti biblici hanno avanzato l’ipotesi che Ophir corrispondesse all’attuale Zimbabwe (ex Rhodesia). Z.Herman (Peoples, Seas, Ships, “Popoli, mari, navi”) raccolse le prove che, fin dai tempi più antichi, gli Egizi ottenevano molti minerali proprio da questa regione. Comunque, sia che circumnavigassero l’Africa da est piuttosto che da ovest, sembra che le navi da carico risalissero lo Zamberi fino alle cascate Vittoria per imbarcare i carichi d’oro.