ESAME DELLA RIPRODUZIONE FOTOSTATICA DI UN
CANARD

OTTOCENTESCO, RISTAMPA DI

UN DOCUMENTO DEL 1608 CHE NARRA I FATTI PRODIGIOSI

AVVENUTI NEI CIELI DI GENOVA E

DI ALCUNE LOCALITA` DELLA COSTA FRANCESE TRA CUI

MARTIGUES E TOLONE.

di Antonio Rubechini


La seguente ricerca è coperta dal copyright e ne è vietata in modo rigoroso la riproduzione o parte di essa in altri siti.




INDICE

P. 5

1.Esseri volanti d’aspetto mostruoso avvistati sopra il mare di Gennes (Genova). Nell’Agosto del 1608: probabilmente si tratta di un falso fatto di cronaca secentesca.

P.7

2. Traduzione e descrizione del documento

P.10

3. Notizie storiche sul documento custodito negli archivi municipali di Nizza.

P.11

4. Eventi realmente accaduti?

P.12

5. Gli esseri descritti nel documento lionese presentano alcune somiglianze con Tuchulcha, un demone dell’Averno etrusco. Altre possibili << fonti d’ispirazione >> del cronista.

P. 14

6. Il deludente commento di Guy Tarade.

P.15

7. Un’interpretazione arbitraria, basata su una ricostruzione inesatta dei fatti narrati del documento custodito a Nizza operata da un gruppo ufologico francese.

P.20

8. Conclusione.

P.21

Indice e didascalie di alcune pagine del testo lionese riprodotte nelle pagine successive

P.P. 23 –26





Riproduzione delle pagine del documento indicate a p.21

1. Esseri volanti d’aspetto mostruoso avvistati sopra il mare di Gennes (Genova) nell’Agosto del 1608: probabilmente si tratta di un falso fatto di cronaca secentesca

Questo incredibile fatto di cronaca secentesca è narrato in un documento stampato a Lione nel 1874, le cui riproduzioni fotostatiche sono custodite rispettivamente negli Archivi Municipali e nella Biblioteca Municipale di Nizza. Tale documento è la ristampa di un’edizione parigina del 1608.

Il testo scritto in provenzale, un dialetto francese di origine neolatina, è intitolato: "Discorso sui terribili e spaventosi segni apparsi sul mare di Genova" ("Discours des terribles et espouventables signes apparus sur la mer de Gennes"). Gli eventi che vi sono narrati non si manifestarono solo a Genova, ma anche in diverse località della costa francese, tra cui Nizza e l’isola di Martégue (odierna Martigues).

Possiedo quattro fonti relative al testo in esame. La più importante è costituita dalle fotocopie dello stesso documento lionese fornitemi da un bibliotecario di Genova, il dottor Roberto Beccaria, al quale devo molto per la realizzazione di questa ricerca.

Egli non solo ha appurato che gli Archivi Municipali e la Biblioteca Municipale (o Civica) di Nizza possiedono ciascuno una copia fotostatica dello stesso documento, un originale a stampa del 1874 per il momento irrintracciabile, ma ha anche identificato il suddetto testo come canard.

La presente ricerca è basata sulla riproduzione delle fotocopie che il dottor Beccaria ha ottenuto dalla Biblioteca Municipale di Nizza.

L'esame dei documenti antichi conservati nelle biblioteche è consentito solo a studiosi di chiara fama. La ragione è di proteggere siffatti documenti da mani inesperte che potrebbero danneggiarli.

Essere riusciti ad entrare in possesso di una riproduzione delle copie fotostatiche custodite

a Nizza è cosa assai notevole, non essendo reperibile nelle biblioteche pubbliche italiane

E’ bene sottolineare che sia gli Archivi Municipali sia la Biblioteca Municipale di Nizza custodiscono le fotocopie di un documento a stampa in caratteri ottocenteschi pubblicato a Lione nel 1874 e non l’originale di questo, di cui non si hanno notizie e che forse è andato perduto. Tuttavia le fonti che ho menzionato più avanti etichettano siffatto documento come <<manoscritto>> e non come testo a stampa riprodotto in fotocopie. La ragione di questa imprecisione è da attribuire al ricercatore francese Guy Tarade come ho spiegato appresso.

La seconda fonte è l’opera del ricercatore francese Guy Tarade, intitolata "Soucoupes Volantes et Civilisations d’outre - espace" (J’ai lu, Parigi, 3ª ed, 20 Febbraio 1972, [1 ed. 1969]) in cui viene reso noto, forse per la prima volta dal 1874, il contenuto del documento lionese tradotto in francese moderno.

Tarade dedica il capitolo 5 agli eventi descritti nel canard: "Contre-enquêt dans le temps: des O.V.N.I dans le ciel de la Côte d’Azur et de la Provence en Août 1608" ("Contro-inchiesta nel tempo: degli O.V.N.I. [acronimo francese e italiano di "Oggetti Volanti Non Identificati" . N.d.A.] nel cielo della Costa Azzurra e della Provenza nell’Agosto 1608".

Oltre a fornirci la traduzione (contenente due inesattezze) ed il commento, invero assai criticabile, del testo lionese, l’autore ci informa che venne a conoscenza di esso tramite una sua amica, giornalista del "Nice Matin", madame Yasmine Desportes, che nel corso di una ricerca personale svolta negli Archivi Municipali di Nizza, rinvenne tra la mole di documenti presenti anche il testo in questione.

A p. 74 del suo libro, Tarade elenca i documenti rinvenuti dalla Desportes indicandoli genericamente come manuscrits. Non precisa che il canard lionese (trascritto in

francese moderno nella pagina successiva) conservato a Nizza non è un manoscritto ma la riproduzione fotostatica di un documento a stampa del 1874. Tali errore ed omissione sono forse dovuti al fatto che neppure Tarade, per le ragioni esposte sopra, ha potuto esaminare il testo e si è dovuto basare unicamente sulle informazioni (compresa la trascrizione del testo) fornite dall’ amica giornalista.

La traduzione della pagina 7 del documento, leggibile alle p.p. 77-78 del libro di Tarade contiene due errori. Si legge: <<Il 20° del detto mese piovve sangue in tale abbondanza che colava lungo le strade e sembrava che avessero sgozzato un’infinità di persone a Riliane.

<< A Lambex il 18° del detto mese in presenza di tutto il popolo fu visto piovere tanto sangue che nessuno poteva uscire di casa senza che immantinente fosse macchiato dal detto sangue che stillava dalle tegole dei tetti, ovvero da quello che cadeva direttamente dalla pioggia>>

Invece a p. 7 del testo lionese vi è scritto: <<Il diciottesimo giorno del detto mese d’Agosto a Riliane in presenza di tutto il popolo, fu visto piovere tanto sangue che nessuno poteva uscire di casa senza che immantinente fosse macchiato dal detto sangue che stillava dalle tegole dei tetti, ovvero da quello che cadeva direttamente dalla pioggia.

<<A Lambex il ventesimo del detto mese piovve sangue in tale abbondanza che colava lungo le strade e sembrava che avessero sgozzato un’infinità di persone>>

Sicché nel suo libro Tarade colloca a Riliane l’episodio che nel documento risulta accaduto il 20 Agosto a Lambex e situa a Lambex l’episodio avvenuto il 18 Agosto a Riliane, per di più invertendone l’ordine di lettura, vale a dire prima riferisce l’episodio Lambaix (nel documento: Rilian) e poi quello di Riliane (nel documento: Lambex).

Il secondo errore è la data di uno degli episodi avvenuti nell’isola di Martégue (oggi Martigues) nel documento si legge: <<Il ventesimo giorno del detto mese essi combatterono(…)>>, invece in Tarade vi è scritto: <<Il 27° giorno del detto mese essi combatterono(…)>>.

Il libro di Tarade è l’unica delle fonti (sempre escludendo le fotocopie del canard) in mio possesso a dirci che tale documento risale al 1874. Infatti, al termine della traduzione è scritto: <<Réimpression Lyon MDCCCLXXIV>>. Segue il commento assai discutibile del ricercatore francese che ho tradotto e criticato al § 6 (a dire il vero anche Pattera [ v. più avanti] indica il 1874 quale anno della ristampa ma è evidente che la fonte di tale informazione è Tarade).

Le altre tre fonti di cui dispongo sono: "Il Giornale dei Misteri" n° 6, Settembre 1971, in cui fu pubblicata per ragioni di spazio solo una parte del documento (cioè solo i fatti avvenuti a Genova e a Martégue), interamente trascritto e tradotto in italiano in una lettera inviata dal Sud Africa dal signor Roby Gottardo; il 2° volume de "Gli enigmi degli UFO e degli extraterrestri" di Yves Naud, edito dalla Edizioni Ferni di Ginevra nel 1977 ed infine un articolo di Giorgio Pattera pubblicato su "Notiziario UFO", n° 9 Novembre - Dicembre 1996, di cui ho trattato ampiamente nel paragrafo 6.

Tutte e tre queste fonti sono basate unicamente sull’opera di Tarade, e di conseguenza ne ripetono le inesattezze.

Nessuna delle quattro fonti (Tarade, Gottardo, Naud, Pattera,) ci informa che ci sono state almeno altre due edizioni del documento in esame come si evince dall’analisi del suo frontespizio(v. §2) rafforzando così l’ipotesi (che praticamente è una certezza) che nessuno dei quattro autori abbia esaminato direttamente il testo lionese.
 

2. Descrizione e traduzione del documento

La prima pagina, non segnata, corrisponde al frontespizio recante il titolo, l’anno e il luogo della prima edizione ed altre indicazioni che per ragioni di spazio sono costretto ad

omettere. Invece la seconda pagina (il retro della prima), anch’essa non segnata, dovrebbe essere una pagina bianca. Uso il condizionale <<dovrebbe>> perché la mia analisi è basata sulla fotocopia del documento lionese il quale, fra l’altro, doveva essere in pessime condizioni come evidenziano le ampie zone scure delle fotocopie. Sicché, a mio modo di vedere al documento non manca la pagina due, semplicemente tale pagina non reca nulla e non è stata riprodotta in fotocopia. Le pagine del documento sono numerate a cominciare dalla pagina 4. La decima ed ultima pagina, ossia il <<retro di copertina>>, non è numerata.

Nella prima pagina compaiono diversi numeri scritti a mano, non tutti facilmente leggibili, corrispondenti, suppongo, a diverse catalogazioni: in alto a sinistra è scritto <<(n° 19345 ancien)>> cioè <<(n°19345 antico)>>; subito sotto ad essa vi è un altro codice di catalogazione: << 383 >> forse il segno che segue il numero è una delta greca; in basso a sinistra <<Ris. 10. 463>> (sembra un <<10>>). La parola <<Ris.>> è probabilmente una sigla che compone la catalogazione, ma mi è anche stato suggerito da altri che potrebbe essere l’abbreviazione di un termine che in italiano si scrive <<risma>> indicante un insieme di fogli forati e legati insieme con una corda. Tuttavia mi ha spiegato il dott. Beccaria nella lingua francese non esiste alcun termine che cominci per <<ris.>> con tale significato. Esiste però in italiano. Va ricordato che Nizza fu italiana fino al 1860 quando venne ceduta dai Savoia alla Francia. E’ probabile che qualche bibliotecario italiano, anzi genovese, vi lavorasse nel 1874, anno dell’edizione parigina del documento poi entrato negli Archivi Municipali (quando però?).

<< Che la grafia sia probabilmente di un italiano lo testimoniano le abbreviazioni in alto a sinistra (<n° 19345 ancien>). Si noti che <n°> è abbreviazione italiana per <numero>, mentre quella francese <no> sta per <nombre>. In basso a sinistra si legge <Ris. no. 463> (vale a dire <riservata> o <riserva>, <numero 463>).

<<La grafia è la stessa di <383 > e diversa dalla prima. Propendo per <Riserva> perché il documento ora posseduto dalla Biblioteca Municipale di Nizza non è un originale, ma la fotocopia di un originale (forse perduto o forse mai posseduto e proveniente da un’altra biblioteca). Il mistero è molto difficile da diradare, anche perché con il termine <Riserva>, nell’Ottocento, i bibliotecari intendevano un settore di libri rari e di pregio, il che significa che <Ris.> avrebbe dovuto essere scritto sull’originale e non su una copia fotostatica. Se era sull’originale, che non è più a Nizza e forse non c’è mai stato e se proveniva da un altra biblioteca perché non era scritto in francese?>>.

In alto a destra vi sono due timbri circolari, quello sopra è illeggibile nella fotocopia, ma dovrebbe essere leggibile nel documento vero e proprio, comunque si scorgono appena delle lettere, si legge solo <<ARCHIVES>> e un disegno centrale; invece il timbro più in basso, chiaramente leggibile, è composto da due circoli concentrici: in quello esterno vi è scritto: <<Bibliotheque Municipale Nice>>; in quello interno è raffigurato lo stemma di Nizza: l’aquila rivoltata (cioè con il profilo volto a sinistra) coronata e con le ali spiegate.

Dalla base del documento ho provveduto ad effettuare una traduzione ex novo da cui sono emerse alcune differenze rispetto a quella pubblicata nel libro di Tarade (l’unica traduzione conosciuta e sulla quale sono basate le traduzioni pubblicate nelle altre fonti sopra menzionate) in particolar modo sulla punteggiatura.

Ecco di seguito la traduzione integrale in italiano del documento.

Prima pagina (frontespizio): << Discorso dei terribili e spaventosi segni apparsi sul mare di Genova.

<<All’inizio dell’Agosto scorso.

<<Con i prodigi del sangue che è caduto dal cielo in pioggia dalla costa di Nizza e in parecchie località della Provenza.

<<Insieme all’apparizione di due uomini nell’aria, i quali si sono battuti a più riprese e sono stati visti con grande meraviglia durante tre giorni, sull’isola di Martégue che è una città sul mare a cinque leghe da Marsiglia>>. Segue, sotto il disegno, la marca tipografica dell’editore; del viso di una creatura mostruosa non sono in grado di dire se inventata o mitologica; sotto di esso vi è scritto: << A Paris.

<<Par Pierre Menier, portier de la porte Saint Victor.

<<1608.

<<Jouxte la Coppie imprimée a Lyon>>

Il significato e la funzione di quest’ultima dicitura è spiegata da Beccaria: <<Pierre Menier è l’editore del documento, mentre <Jouxte la Coppie> significa <secondo l’esemplare> stampato a Lione. In pratica questo Menier, che di professione faceva il portiere (guardiano della porta) [il portiere aveva il compito di aprire e chiudere le porte della città era una specie di sovrintendente alle porte cittadine. N.d.A.], pubblicò a sue spese a Parigi una copia del documento utilizzando come base un esemplare stampato a Lione.

<<Perché poi un portiere facesse anche l’editore non saprei dire, così come non è chiaro perché usi il termine < copie > con due <p >. Si noti il grande intrico di edizioni; nel 1874 a Lione si riedita un documento già apparso nel 1608 a Parigi che riproduceva a sua volta un esemplare edito nuovamente a Lione, ma più antico>>.

Da p. 3 (non segnata)ha inizio la cronaca.

<<I prodigi che ci appaiono sono senza dubbio corrieri e postiglioni celesti che annunciano le sventure che devono sopraggiungere, e sembra che ci spronino a correre ai rimedi delle preghiere e ai digiuni, per placare l’ira del grande Dio, che offendiamo quotidianamente.

<<Anche i Romani quando scorgevano dei prodigi, facevano sacrifici agli dei per placare la loro collera, mediante vittime e idolatria. E noi che siamo Cristiani allevati ad una migliore scuola, dobbiamo santamente offrire i nostri cuori contriti e penitenti e pregare l’Onnipotente di perdonarci le nostre colpe e di voler placare la sua giusta collera: perché le disgrazie che ci sono preparate dalla giustizia siano stornate e scacciate lontano da noi dalla santa misericordia.

<<All’inizio del mese di Agosto dell’anno 1608, sul mare di Genova si sono visti i più orribili segni di cui a memoria d’uomo si sia mai parlato o scritto. Gli uni avevano figure umane con braccia che sembravano coperte di squame e in ciascuna mano tenevano due orribili serpenti volanti avvolti attorno alle braccia, e spuntavano solo fino all’ombelico fuori dal mare, e gettavano grida così orribili che era una cosa spaventosa, e talvolta si tuffavano nel mare, poi ricomparivano un poco più oltre, urlavano con grida così spaventose che molti si ammalarono per la paura avuta; se ne vedevano taluni che sembravano aver parvenza di donna; altri avevano come un corpo umano tutto coperto di squame, ma la testa aveva forma di drago.

<<Dopo il primo giorno del detto mese, sono stati visti comunemente con grande sbalordimento di tutti i Genovesi. La signoria fece sparare alcuni cannoni per cercare di farli allontanare dal quel luogo. Gli furono tirati circa ottocento colpi di cannone, ma invano perché non si scomponevano per nulla. Le chiese si riempirono e, ricorrendo al vero rimedio, fecero una quantità di processioni, imposero il digiuno, i buoni padri Cappuccini ordinarono le quaranta ore per cercare di placare l’ira di Dio, col loro rimedio salutare.

<<Il quindicesimo giorno d’Agosto apparvero sul detto mare del porto di Genova tre carrozze trainate ciascuna da sei figure tutte di fuoco a somiglianza di drago. E

precedevano le dette carrozze trainate dai detti segni che avevano sempre i loro serpenti, e continuavano con i loro gridi spaventevoli e si avvicinavano alquanto a Genova tanto che gli spettatori , almeno la maggior parte, fuggirono temendo gli effetti di un tale prodigio; ma come ebbero fatto tre volte il giro del porto, dopo aver gettato grida di così possente fragore da farne risuonare le montagne circostanti , si persero tutti dentro il detto mare e da allora non s’è vista né saputa alcuna nuova. Ciò apportò gran danno a parecchi cittadini di Genova, quelli che sono morti per la paura, come tra gli altri il figlio di messer Gasparino de Loro, e anche il fratello del signor Anthonio Bagatelo, anche parecchie donne ne sono state afflitte e hanno avuto tale terrore che ne sono morte. Dopo di che si canta il Te Deum, e sono tutti spariti.

<<Dipoi lungo il mare di Nizza e di tutta la costa della Provenza sia del lato della marina che della pianura si è scoperto esser piovuto sangue naturale che scorreva e faceva in modo di arrossare la foglie e i frutti degli alberi. A Tolone, la maggior parte delle case erano macchiate sul tetto del detto sangue, il lastricato della chiesa parrocchiale del detto luogo all'uscita della messa fu visto riempire il rigagnolo di vero sangue puro e naturale.

<<Il diciottesimo giorno del detto mese d’Agosto a Riliane in presenza di tutto il popolo, fu visto piovere tanto sangue che nessuno poteva uscire di casa senza che immantinente fosse macchiato dal detto sangue che stillava dalle tegole dei tetti, ovvero da quello che cadeva direttamente dalla pioggia. A Lambex il ventesimo del detto mese piovve sangue in tale abbondanza che colava lungo le strade e sembrava che avessero sgozzato un’infinità di persone. In breve, lungo la marina da Nizza fino a Marsiglia ha piovuto sangue in diversi giorni. Indubbiamente prodigi che non possono non presagire gravi conseguenze.

<<Altre cose degne di memoria accadute quasi nello stesso tempo, nella città dell’isola di Martégue. Il ventiduesimo giorno del detto mese apparvero due uomini nell’aria, ciascun con in mano armi e scudi, che si combattevano in tal modo da sbalordire gli spettatori e dopo essersi lungamente battuti si riposavano per un certo tempo, poi ritornavano a scontrarsi e la lotta durava ore.

<<Il ventesimo del detto mese essi combatterono a piedi e si azzuffarono in tal maniera che sembravano fabbri che picchiassero l’incudine. L’indomani, erano a cavallo, facendo volteggiare i cavalli come gente d’armi poi cozzarono in tal modo che si sarebbe detto che l’uno o l’altro dovesse cadere di sotto. E il giorno seguente, ad alcuni sembrò che ciascuno di essi fosse in un mastio o fortezza e dopo essersi scambiati l’un l’altro dei convenevoli si intese un rumore come di colpi di cannone, il fragore era così orrendo, che a chi lo udiva sembrava fosse la fine del mondo, poi avendo continuato nei detti giorni per lo spazio di sette ore, tutto all’improvviso una densa nuvola apparve nell’aria, e coprì di tanta oscurità che per due ore non si vide nulla, altro che nubi e nebbie nere, oscure, che sapevano come di salnitro e dopo che l’aria si fu purificata non si vide più nulla di tutte quelle chimere che erano svanite.

<<Questi mirabili prodigi hanno toccato l’anima di molti cristiani, i quali avendo considerato le meraviglie del gran Dio e sapendo che è potente e la sua bontà infinita, e ci vuole avvertire prima di inviarci il castigo che ci è dovuto, gli uni si sono fatti religiosi, gli altri fanno penitenza per placare l’ira di Dio. Il santo Spirito loro assista questa buona volontà.

<<Così sia, amen>>.

Così termina il racconto scritto dallo sconosciuto cronista.

Sul retro dell’ultimo foglio vi è un marchio al centro del quale vi è scritto in modo a tratti poco leggibile (il lettore non dimentichi che il documento conservato a Nizza è costituito da pessime fotocopie): <<Lyon Imprim. Louis Pérrin M DCCC LXXIV [1874. N.d.A.]>>.

<< Imprim. >> è l’abbreviazione di <<Imprimerie>> ossia <<Stamperia>>.

Louis Pérrin è il nome del tipografo.

Secondo il dott. Beccaria, il testo in esame potrebbe essere stato estratto da un’opera complessiva composta da documenti diversi (forse una miscellanea). Lo si intuisce dal fatto che sul frontespizio figurano i dati tipografici e l’anno di stampa della copia seicentesca, mentre sull’ultima pagina risulta indicato << Lyon (…), M DCCC LXXIV >> che invece avrebbe dovuto figurare sul frontespizio se fosse stata una monografia a sé stante.
 

3. Notizie storiche sul documento custodito negli archivi municipali di Nizza

Come ho detto nel §1, il documento riprodotto nelle fotocopie custodite a Nizza, edito a Lione nel 1874, è la ristampa fatta con caratteri in uso nell’800 di un’edizione parigina del 1608. Infatti, il frontespizio reca il luogo e la data di edizione della fonte parigina:" Paris (…),1608". Ma sul retro dell’ultima pagina è stampato il luogo e l’anno dell’edizione lionese: "Lyon (…), M DCCC LXXIV ". Resta da vedere di quale ristampa si tratta.

Sicché, tanto per fare chiarezza in merito alle edizioni che hanno preceduto quella del 1874, dall’analisi del testo abbiamo identificato:

- l’edizione di Parigi del 1608 indicata sul frontespizio del testo del 1874;

- un’edizione lionese, precedente a quella parigina, come indica la sottostante scritta <<Jouxte la Coppie imprimée a Lyon>> ossia <<Secondo l’Esemplare stampato a Lione>>. Manca l’indicazione dell’anno di quest’edizione il che (è una mia personalissima opinione) fa presumere che abbia preceduto di poco quella di Parigi. Forse è anch’essa del 1608.

Abbiamo quindi indentificato almeno tre edizioni: Lione (anno non indicato, forse 1608); Parigi 1608; Lione 1874.

Nel canard compaiono termini e riferimenti religiosi: il Te Deum è un inno di lode e di ringraziamento a Dio per uno scampato pericolo o per qualcosa andato a buon fine; la pratica delle "Quaranta ore" è l’adorazione del Santissimo Sacramento esposto nell’ostensorio per quaranta ore di seguito per commemorare il periodo in cui Cristo giacque nel sepolcro. Inoltre l’interpretazione che il cronista dà al fenomeno è quella di un presagio divino di sventure alle quali è possibile fare fronte con le preghiere, i digiuni e con il pentimento per le nostre colpe. Da questi elementi si desume che il suo autore doveva essere un sacerdote o un chierico, provenzale oppure ligure vissuto a Nizza o a Marsiglia.

Infatti nel 600 venivano diffusi, soprattutto in Francia, scritti sui fatti curiosi o incredibili veramente accaduti o spacciati per veri. Questo tipo di lettura d’evasione, disimpegnata, era privilegio di clericali, aristocratici, e di ricchi borghesi, i soli che all’epoca sapessero leggere e scrivere. Ora alcuni dei resoconti di questi fatti misteriosi non sempre erano veri, spesso erano inventati.

Tenete presente che i canard scritti nel 600 furono tantissimi e la maggior parte di essi narravano fatti che potevano apparire prodigiosi o comunque inspiegabili agli uomini del tempo. Alcuni di questi fatti sono realmente accaduti altri, invece, sono delle "bufale",

scritte o per mancanza di notizie vere o interessanti oppure per accattivarsi l’interesse

del pubblico allo scopo di aumentare le vendite. Purtroppo il nostro documento apparterrebbe alla seconda categoria per le ragioni che andrò ora ad esporre.

4. Eventi realmente accaduti?

Questi eventi così spaventosi e traumatizzanti non poterono non segnare profondamente la psiche e di conseguenza l’immaginazione degli abitanti della costa ligure e francese. Allora perché di essi non vi è traccia in altri documenti di quell’epoca?

Si potrebbe obiettare che è strano che un sacerdote o un chierico abbia escogitato una storia tanto fantastica e così ricca di particolari a scopo di lucro, ma a parte il fatto che non è detto che sia stato proprio un sacerdote o comunque un uomo di chiesa ad averla scritta (anche se è probabile), nulla vieta ad un religioso di raccontare frottole.

Una seconda ipotesi, possibile ma assai improbabile, è che i fatti narrati nel documento siano accaduti davvero e che le nobili famiglie della Repubblica di Genova avessero ordinato di farne sparire le copie disponendo altresì che non fossero riportati in nessun altro documento per non aver noie con la Santa Inquisizione. Infatti nel 600 la cattolicissima Genova non era in buoni rapporti con l’Inquisizione. I genovesi provavano molto fastidio al limite dell’intolleranza (in linea con la disposizione d’animo che hanno conservato tutt’oggi) per il fatto che la Chiesa si intromettesse nella vita della loro città. Sicché, sostenendo tale ipotesi, è presumibile che, per non creare ulteriori attriti con il clero, i documenti recanti la cronaca dei fatti prodigiosi che stiamo discutendo siano stati fatti sparire.

A sostegno dell’ipotesi della realtà degli avvenimenti vi sono due debolissimi indizi relativi ai nomi scritti nel documento.

Nei registri parrocchiali dei defunti che ho esaminato non v’è traccia dei cognomi De Loro e Bagatelo (o Bagatello a seconda della traduzione). Tuttavia, in una biblioteca di Genova, ho avuto modo di leggere un libro scritto da Andrea Grillo, intitolato: "Origine storica delle località e antichi cognomi della Repubblica di Genova", (Collegio Calasanzio, Scuola Tipografica Opera SS. Vergine di Pompei, Genova 1959), trovandovi due cognomi simili a quelli scritti sul testo conservato a Nizza: uno è " Bagarello" , si hanno notizie della famiglia Bagarello per la prima volta in località Lavaggi (com. Mezzanego), nel 1494, insieme alle famiglie Cosso e Cervetto. Le fonti che riportano tali nomi sono gli Atti Notarili e i Registri Parrocchiali in 16 volumi dei fratelli Remondini (Parrocchiale dell’Arch. Genovese, Tip. Letture Cattol. Genova 1882). L’altro cognome è "De Lauro". Apparentemente l’accostamento con De Loro sembra una forzatura, ma se ricomponiamo filologicamente De Lauro, otteniamo Dello Auro, sappiamo che "auro" deriva dal latino "aurum" cioè "oro" quindi Dello Oro poi modificato in De Loro. Forse si trattava di una famiglia di orefici (si ritiene anche che il nome della più potente famiglia della Repubblica di Genova i Doria o D’oria deriva da aurum: Di Auria). Il cognome De Lauro compare per la prima volta in un giuramento, risalente all’anno 1188, fatto dai Consoli Fulco de Castello e Ingo Frexia i quali <<giurano di osservare i patti con Pisa>>: Il documento contiene i principali nomi dei testi genovesi che insieme ai consoli prestarono giuramento, tra questi vi è anche De Lauro.

Una terza ipotesi altrettanto plausibile, è che qualcosa di strano fosse davvero accaduto a Genova o in Francia nell’Agosto del 1608 e che il cronista abbia esagerato gli avvenimenti aggiungendovi del suo.

 

Qui termina la narrazione dei prodigiosi eventi

 

5. Gli esseri descritti nel documento lionese presentano alcune somiglianze con Tuchulcha, un demone dell’Averno etrusco.

Altre possibili << fonti d’ispirazione >> del cronista.

<<Figure umane con braccia che sembravano coperte di squame e in ciascuna mano tenevano due orribili serpenti volanti avvolti attorno alle braccia (…)se ne vedevano taluni che sembravano avere parvenza di donna; altri avevano come un corpo umano tutto coperto di squame, ma la testa aveva forma di drago>>. Questi esseri presentano alcune curiose somiglianze con i demoni dipinti sulle pareti di talune tombe etrusche.

Nella "Tomba dell’Orco" di Tarquinia (Viterbo), risalente alla fine IV secolo a. C. è raffigurato il demone Tuchulcha con These (Teseo) al suo cospetto. Questa divinità presenta qualche somiglianza con gli esseri descritti nel documento lionese. Il demone nell’iconografia pittorica etrusca ha una forma antropomorfa, intorno al suo braccio destro, Tuchulcha, ha attorcigliato un serpente che stringe nella mano in corrispondenza della seconda spirale, è questo l’elemento più interessante che ha in comune con gli esseri descritti nel manoscritto (<<e in ciascuna mano tenevano due orribili serpenti volanti avvolti attorno alle braccia>>: non mi è però chiaro che cosa il cronista intenda per <<serpenti volanti>>. Nondimeno il serpente ha tra i suoi significati simbolici quello del volo). Possiede anche ali di pipistrello oppure piumate (particolare non presente negli esseri descritti nella cronaca lionese. È però noto che le ali simboleggiano il volo e le entità osservate a Genova volavano), ha un viso non umano con un grosso becco di rapace sotto il quale si vede una barba caprina; due lunghe orecchie asinine e due piccoli serpenti spiccano in mezzo alla folta capigliatura arruffata e serpentiforme. Il viso è insomma composto da parti di animali proprio come quello di un drago. La sua carnagione è bluastra come la carne in disfacimento: fu colorato così per ricordare il suo rapporto con la morte dato che Tuchulcha come l’altro demone etrusco Charun (o Charu, forma etrusca di Caronte), anch’esso, assai ricorrente nell’iconografia pittorica funebre etrusca, conduceva le anime dei defunti nell’Averno (Inferno).

E’ possibile che lo scrittore dei fatti narrati nel documento lionese (posto che l’edizione ottocentesca non sia una versione modificata dell’originale) si sia ispirato alla mitologia etrusca, comunque dell’area mediterranea? Diciamo che gli elementi comuni sopra descritti, seppur interessanti, non sono sufficienti a farci propendere per una simile ipotesi che tuttavia non è da escludere completamente: l’affinità più evidente è quella dei serpenti attorcigliati alle braccia e stretti nelle mani, ma lo è anche il viso di Tuchulcha, composto di pezzi di animali proprio come il viso di un drago.

Non si può nemmeno escludere che il cronista abbia ricavato la sua storia da altri testi. In effetti episodi con aspetti affini alla cronaca del nostro documento non sono mancati in epoche più lontane stando a quanto scritto da Plinio il Vecchio e Corrado Licostene. Procediamo in ordine cronologico alla disamina degli eventi narrati da ciascuno di questi studiosi, facendola precedere da un breve parte informativa su ciascuno di essi per adempiere ad una esigenza di completezza d’informazione.

Plinio il Vecchio (Caio Secondo), storico e naturalista latino nato a Como tra gli anni 23 – 24 (si propende per il 24) e morto a Stabia (odierna Castellammmare di Stabia) nel 79 d.C., scrisse la "Naturalis Historia", notevole, per mole e qualità, opera enciclopedica costituita di trentasette libri. In essa sono trattate molte materie (cosmografia, geografia ed etnologia, antropologia e molte altre toccando perfino la storia dell’arte).

Plinio descrive ventisei fenomeni celesti pochi dei quali inspiegabili.

Nel libro secondo, intitolato "Cosmologia", ai paragrafi 25 e 26, lo studioso latino descrivendo taluni di questi fenomeni utilizza il termine <<fiaccole>> per indicare i corpi

luminosi che cadono dal cielo, le quali fiaccole egli divide in <<lampade>> (<<lampadas>>) e <<bolidi>> (<<bolides>>). Al paragrafo 26 l’autore parla di <<travi>>

(<<trabes>>): <<Brillano anche, in maniera simile (alle lampade e ai bolidi. N.d.A.), le <<travi > chiamate dokoi in greco, (…)>>. Di seguito utilizza il termine greco <<chasma>>: <<Si produce anche una fenditura proprio nel cielo che [i greci. N.d.A.] chiamano chasma>>.

Ho accennato ai paragrafi 25 e 26 della "Cosmologia" per non peccare d’incompletezza. Il loro contenuto è riportato nella maggior parte dei libri d’ufologia che trattano anche di clipeologia. Il lettore converrà con me che è una forzatura relazionare i fenomeni descritti dallo studioso latino (il quale al paragrafo 27 attribuisce ad essi cause naturali) con quelli ufologici.

Dopo questo rapido excursus su Plinio il Vecchio e sulla sua opera veniamo agli episodi che qui c’interessano. Uno di essi, riferito nel volume secondo, può essere messo in rapporto con il contenuto del documento custodito negli archivi di Nizza. Tale episodio è narrato nel paragrafo 58, ma esso è preceduto dal brevissimo accenno di un altro per noi interessante <<prodigio>> avvenuto durante la guerra contro i Cimbri, una popolazione guerriera, proveniente dal nord Europa, forse dalla penisola danese Jutland. I Cimbri furono sconfitti nel 101 a.C. dall’esercito romano guidato da Mario. Per completezza d’esposizione li trascriverò entrambi già tradotti dal latino: <<Clangore d’armi e squilli di tromba furono uditi nel cielo, si riferisce al tempo delle guerre cimbriche, e spesso anche in precedenza e in seguito. Ma nel terzo consolato di Mario [103 a C.,] quelli di Amelia e di Todi scorsero armi nel cielo scontrarsi fra loro, venendo da oriente e occidente, e furono sconfitte quelle che venivano da occidente. Che persino il cielo si infiammi, non ha nulla di stupefacente, e in effetti lo si è visto spesso, quando le nubi sono invase da un incendio particolarmente grande>>.

Sempre nel libro secondo, al paragrafo 57, Plinio parla della caduta dal cielo di alcune sostanze tra cui sangue: <<Inoltre, riguardo alla parte inferiore del cielo, è stata registrata ufficialmente una pioggia di latte e sangue sotto il consolato di Manio Acilio e Gaio Porcio [114 a.C.. N.d.A.] e in molti altri casi (…)>> il paragrafo prosegue con la descrizione di altri casi di caduta di sostanze dal cielo che per ovvie ragioni mi limiterò solo ad elencare: carne, ferro (forse si trattava come suggerisce lo stesso Plinio, di spugne di ferro. Una pioggia di spugne di metallo si ebbe anche a Genova nell’Aprile del 1963), lana e mattoni cotti.

Anni prima lo storico greco Diodoro Siculo, vissuto all’epoca di Cesare e di Augusto, scrisse a proposito di alcuni avvenimenti accaduti in Egitto nel 30 a.C. che costellarono la morte di Marco Antonio e della regina Cleopatra: <<In Egitto piovve non solo acqua, ma anche sangue, e vi furono lampi di armi dalle nuvole mentre cadeva questa pioggia di sangue. Intanto furono viste comete e apparvero i fantasmi dei morti>>.

Passiamo a Corrado Licostene, pseudonimo latinizzato di Konrad Wolffhart, letterato tedesco nato a Ruffach (Alto Reno) nel 1518 e morto (?) nel 1561. Dopo aver frequentato l’Accademia di Heidelberg dove si dedicò agli studi storici e filosofici, Licostene si interessò alle ricerche storiche curandone approfonditamente gli aspetti naturalistici e geografici. Questo spiega perché cercò di colmare le lacune del "Liber prodigiorum" di Giulio Ossequente. Tale opera, originariamente completa giunse nel Cinquecento mancante della parte che va dal 508 al 205. Nella sua opera di <<restauro letterario>>, Licostene si immerse nelle opere di scrittori greci e latini. Il risultato fu un’opera con un titolo assai lungo qui riassunto in "Supplementi ad Ossequente", pubblicata a Basilea nel 1552.

Quanto sopra scritto fornisce un ritratto assai sommario della figura e dell’opera di Licostene. Purtroppo l’unico libro pubblicato in Italia sull’umanista tedesco è quello di Maria Luchino Chionetti intitolato "Corrado Licostene e le antiche osservazioni sui

fenomeni naturali d’interesse geografico" (Giappichelli, Torino, 1960), introvabile sia nelle librerie che nelle biblioteche liguri. Tuttavia nel libro di Ambroise Paré: "Mostri e prodigi " (Salerno Editrice, Roma 1996) è descritta, brevissimamente e con alcune inesattezze

rilevate, ma non specificate nelle note del curatore del libro Massimo Ciovinelli, una serie di episodi tratti dalle opere di Licostene. Trascrivo da p.187 del libro: <<il 19 Luglio 1550, nei territori della Sassonia, non molto lontano dalla città di Wittemberg, fu visto in aria un grande cervo circondato da due grandi armate che si combattevano facendo un gran rumore; contemporaneamente cadde sulla terra un forte pioggia di sangue e il sole si spezzò in due parti, l’una delle quali sembrò cadere (nota 222: Licostene, p.608 anno 1550. Il brano di Paré traduce erroneamente quello di Licostene. Céard, p. 200 n.340, suggerisce che questo fatto induce a pensare che Paré stesso abbia tradotto il brano). (…) Licostene racconta che in Sassonia piovvero pesci in grande quantità, che al tempo dell’imperatore Luigi piovve del sangue per tre giorni e tre notti, che nel 989, vicino alla città di Venezia, cadde della neve rossa come il sangue e che nel 1565 [questa inesattezza non è stata rilevata dal curatore: Licostene è morto nel 1561, sicché… N.d.A.], nel vescovato di Dole, piovve del sangue in grande quantità. La medesima cosa avvenne nel mese di Giugno dello stesso anno in Inghilterra>>.

 

6. Il deludente commento di Guy Tarade

Come ho già detto nel paragrafo 1, è stato il ricercatore dell’insolito Guy Tarade a rendere nuovamente pubblico dopo quasi 100 anni (per quanto ne sappiamo dal 1874, questa è l’anno di edizione espresso in numeri romani nell’ultima pagina) il contenuto del testo lionese che , ricordiamo, non è un documento originale ma è una serie di fotocopie custodite nella negli Archivi Municipali e nella Biblioteca Civica di Nizza.

Tarade rese noto il contenuto del documento nel suo libro mai pubblicato in Italia,

"Soucoupes Volantes et Civilisations d’outre - space". In esso è contenuta la traduzione integrale in francese corrente del nostro documento. Quanto segue è la trascrizione in italiano del commento, purtroppo molto deludente, del ricercatore francese:

<<[Di N.d.A.] Questo testo lungo e fastidioso da leggere, appare a noi la certezza che la relazione degli eventi di quel mese di Agosto del 1608 ha un’importanza capitale. In alcun caso noi non abbiamo l’impressione che i testimoni siano vittime di visioni soggettive, poiché il rumore che accompagnò il passaggio dei misteriosi oggetti provocò la morte di molte persone a Genova. I suoni generati dagli O.V.N.I. erano probabilmente una gamma di frequenza pericolosa per gli esseri umani. Il figlio del signor Gasparino de Loro, e il fratello del signor Anthonio Bagatello furono uccisi con delle onde acustiche, tutti come molte donne di quella città. La relazione del loro decesso è certamente menzionata negli archivi municipali del grande porto [invece tale relazione non risulta esserci. N.d.A.] (1. Il "Centro degli Studi e delle Ricerche di Elementi sconosciuti di Civilizzazione" effettua attualmente un’indagine negli archivi di quella città. [Nota di Tarade in fondo a pag. 80]). La tenuta coperta di scaglie dei piloti, che volavano nel cielo con dei propulsori individuali (serpenti volanti), ricorda quella dei nostri cosmonauti. Un altro fatto che prova che queste apparizioni visuali e sonore erano reali, è dato dall’azione dell’artiglieria che sparò 800 colpi di cannone contro quegli apparecchi anfibi, che si immergevano nel Mediterraneo. Invece, tre giorni più tardi, della pioggia di sangue cadde un po’ ovunque sopra il litorale, si può pensare, vista la stagione, che della pioggia a carattere tempestoso si tinse di microparticole ossidanti risultanti del modo medesimo di propulsione degli oggetti che volavano nello spazio. Queste ipotesi trovano una conferma nei <prodigi> che si svolsero sopra l’isola di Martigues (Martégue) il 27

Agosto 1608 e dove ancora, le apparizioni volanti seminarono il terrore durato circa quarantotto ore. Quando sparirono, una densa nuvola di colore nero, che spargeva salnitro, prese il loro posto; non appena diventata meno umida.

<<Cosa dobbiamo pensare di una simile descrizione?

<<Gli O.V.N.I. che spaventarono i genovesi e i provenzali nel 1608 erano gli stessi che ci visitano attualmente? Oppure, quella brava gente del XVII secolo assistette con trecento anni d’anticipo allo sbarco d’Agosto del 1944, impossibilitati di riconoscere nel loro miraggio una deformazione del continuum SPAZIO – TEMPO! Gli oggetti volanti, questi fantasmi del cielo pouraient en non possono venire dello spazio, ma da una dimensione parallela che governa contemporaneamente lo spazio ed il tempo, questi due fattori della nostra evoluzione, che noi sappiamo ancora quasi sconosciuti >>.

Quanto scritto da Tarade è talmente fantasioso che paradossalmente è perfino difficile da confutare.

L’autore afferma, molto puerilmente, che vi sono delle <<prove>> che attesterebbero la realtà degli eventi raccontati (<<Un altro fatto che prova che queste apparizioni visuali e sonore erano reali (…)>>. Sarebbero prove, secondo lui, gli ottocento colpi di cannone sparati dal porto di Genova; costituirebbero altresì prove i nomi De Loro e Bagatello, nomi che, secondo Tarade, si trovano <<certamente>> (ma come fa ad esserne sicuro?) menzionati <<negli archivi municipali del grande porto>>. Ma perché sarebbero prove? Una prova è un mezzo con il quale si dimostra l’esistenza di un fatto o di un avvenimento.

E’ evidente che quelle che Tarade chiama <<prove>> non sono affatto tali, si tratta solo di affermazioni al quale lo studioso arbitrariamente e immotivatamente attribuisce il valore di prove.

In merito alla ricerca condotta dall’organizzazione ufologica francese menzionata da Tarade nella nota 1, non so nulla. Nelle varie fonti da me esaminate, non ho mai letto il nome di tale organizzazione, il che mi sospinge a credere che se davvero essa fece un’indagine sui fatti di Genova, quest’indagine non giunse a nulla di concreto.

7. Un’interpretazione arbitraria, basata su una ricostruzione inesatta dei fatti narrati nel documento custodito a Nizza operata da un gruppo ufologico francese.

L’articolo di Giorgio Pattera sugli accadimenti descritti nel documento lionese è stato pubblicato su "Notiziario UFO", n° 9, Novembre – Dicembre 1996. Tale articolo che appare in modo similare su due siti – "Internet", è intitolato: "Cielo rosso e duelli UFO – Meravigliosi e tremendi prodigi sulla costa Azzurra del 1600". Esso è divisibile in tre parti : la prima parte (" Spaventosi segni sul mare", "Manoscritto d’avvertimento" ) è dedicata al contenuto del documento, anche in questo caso si parla erroneamente di un manoscritto del 1608, la seconda parte("Visualizzazione per immagini", "Una tuta di scaglie argentate", "Cannonate sui vascelli aerei ", "Una pioggia rosso sangue") è relativa alla discutibilissima interpretazione che di questi eventi ha dato il gruppo ufologico " Group d’Etudes des Objects Spatiaux" (G.E.O.S.); la terza parte ("Frequenze letali) riguarda l’interpretazione fatta da Guy Tarade. Dato che del punto di vista di Tarade ho già parlato nel paragrafo precedente, non ritengo opportuno tornarvi.

Per quanto concerne la prima parte, Pattera ha riportato in italiano il frontespizio del documento che introduce gli avvenimenti narrati nelle pagine successive; ha trascritto la pagina 3 (la 2, come sappiamo, è una pagina bianca) fino a metà pagina 4. Ha altresì trascritto la parte corrispondente alla penultima pagina, la 9, conclusiva della cronaca.

La seconda parte dell’articolo, come ho detto in precedenza, è dedicata all’interpretazione in chiave ufologica fatta dal G.E.O.S.. Leggendo questa

interpretazione, a dire il vero molto fantasiosa, risulta che essa è basata su una narrazione molto diversa da quella contenuta nel testo lionese.

Anziché riportare la parte dell'articolo che Pattera ha dedicato alla spiegazione che il G.E.O.S. ha fornito dei fenomeni descritti nel documento, ho preferito trascrivere quella contenuta in una pagina del sito Internet www.cifas.net, intitolata: "Nizza. Gli strani segni

celesti dell’Agosto 1608". So bene che internet é uno strumento poco affidabile per una ricerca, ma in questo caso abbiamo a che fare con lo stesso articolo pubblicato su "Notiziario UFO" , l'unica differenza è che nella pagina del suddetto sito l’interpretazione del gruppo ufologico francese è scritta da Pattera in modo schematico facilitando così il confronto che ho fatto tra questa e il testo lionese.

Nella seconda pagina del sito è scritto: <<(…) il cronista pone fine al proprio manoscritto; manoscritto che fu in seguito ristampato a Lione nel 1874 >>. Ho trascritto l’ultima parte della frase in corsivo per evidenziare la sua parziale inesattezza e fuorvianza. Infatti sebbene venga indicato il 1874 quale anno di una ristampa, l’autore del sito afferma trattarsi di quella del manoscritto, invece è quella di un documento edito a Parigi nel 1608.

La parte in corsivo è altresì fuorviante perché lascia intendere, come del resto tutta la parte descrittiva, che l’analisi è stata condotta sul manoscritto, il che è impossibile per le ragioni sopraesposte.

Giunto a questo punto trascrivo dal sito la parte relativa all’interpretazione (molto <<creativa>> se confrontata con il testo lionese) data dal G.E.O.S.. Nel sito è scritto che la spiegazione è corredata dalle diapositive recanti le illustrazioni a colori realizzate dagli appartenenti al gruppo ufologico francese, sui prodigi narrati nel testo lionese. Tuttavia queste illustrazioni non compaiono nel sito, però sette di esse sono state pubblicate insieme all’articolo di Pattera su "Notiziario UFO".

Come ho già detto, l’interpretazione fatta dal G.E.O.S. è basata su una narrazione sensibilmente diversa rispetto a quella contenuta nel testo conservato a Nizza. Le ipotesi che ho formulato circa le ragioni che spiegherebbero questa diversità mi è parso logico metterle dopo la schematica trascrizione delle pagine che Pattera dedica all’interpretazione fornita dal gruppo francese. Mi è sembrato altrettanto logico rilevare queste differenze e scriverle vicino ad ogni brano dello schema.

1) <<Dalla notte dei tempi ai giorni nostri, la Terra è stata visitata da equipaggi alieni provenienti da mondi sconosciuti. Le indiscutibili testimonianze ritrovate non lasciano alcun dubbio sull’esistenza nel nostro Pianeta di vascelli cosmici provenienti da mondi lontani >>.

2) <<Agli inizi del 17° secolo, Nizza, principale porto del Regno Piemontese, vive un periodo di notevole prosperità.

<<Protetta dal grande castello, la città si sviluppa a ritmo accelerato, grazie al commercio coi paesi vicini, tra cui lo Stato Pontificio. L’imponente fortezza che la domina scoraggia le incursioni barbariche, che devastavano regolarmente le coste delle terre limitrofe>>.

3) <<Le case dei ricchi armatori, dai lunghi balconi decorati, dominano e osservano dal molo l’intenso traffico portuale. In questa affascinante città marittima si respira un senso di pace, in un clima paradisiaco, quando all’improvviso…>>

4) <<Sul far del tramonto del 5 Agosto 1608, gli abitanti di Nizza vedono comparire in cielo tre forme luminose che si muovono molto velocemente, dirigendosi sulla Città. Giunte sulla verticale della fortezza, le tre luci si fermano di colpo, scendono lentamente , compiendo evoluzioni, fino ad un metro circa dalla superficie del mare. La popolazione

allora può esaminare in dettaglio i tre ordigni venuti dal cielo e ciò che vedono trasforma la loro curiosità in inquietudine>>.

Critica alla parte n° 4. Nel documento non viene registrato nulla del genere che sia accaduto a Nizza. La data 5 Agosto non compare. Comunque, ed è scritto molto chiaramente, nei primi giorni di Agosto, fino a poco prima della metà dello stesso mese, avvenimenti prodigiosi si svolsero solo a Genova e dal quindicesimo giorno del mese solo a Nizza.

Secondo quanto scritto nel documento lionese, l’unico prodigio che si verificò nella città francese fu la pioggia di sangue che interessò tutta la costa della Provenza, ma questo fenomeno si ebbe alla metà di Agosto, contemporaneamente alla comparsa nel cielo di Genova di << tre carrozze trainate ciascuna da sei figure tutte di fuoco a somiglianza di drago (…)>>.

5) <<Stazionando praticamente immobili sopra le onde, i tre oggetti, di forma ovoidale allungata e piatta e sormontati da una specie di pennone (che oggi potremmo chiamare antenna) provocano il ribollire dell’acqua, con intensa emissione di vapore arancio – ocra; il tutto accompagnato da un fragore infernale. Ad un tratto da uno degli ordigni fuoriesce un essere vivente, poi un secondo, di forma vagamente umana, vestiti con una specie di tuta rossa ricoperta di scaglie argentate. La loro testa era enorme, rispetto al corpo, mentre al posto degli occhi avevano due aperture circolari luminose>>.

Critica alla parte n° 5. Continuando a collocare gli avvenimenti di Genova a Nizza, gli ufologi del G.E.O.S. ne hanno dato l’interpretazione riportata sopra. Tale interpretazione appare totalmente arbitraria perché non tiene conto di quello che risulta scritto nel documento conservato a Nizza: <<All’inizio d’Agosto del 1608, sul mare di Genova si sono visti i più orribili segni di cui a memoria d’uomo si sia mai parlato o scritto! Gli uni avevano figure umane con braccia che sembravano coperte di squame e in ciascuna mano tenevano due orribili serpenti volanti avvolti attorno alle braccia, e spuntavano solo fino all’ombelico fuori dal mare, e gettavano grida così orribili che era una cosa spaventosa, e talvolta si tuffavano nel mare, poi ricomparivano un poco più oltre, urlavano con grida così spaventose che molti si ammalarono per la paura avuta; se ne vedevano taluni che sembravano avere parvenza di donna; altri avevano come un corpo umano tutto coperto di squame, ma la testa aveva forma di drago>>. Questo brano, come sappiamo, è la parte iniziale della narrazione degli eventi accaduti a Genova (corrisponde alla pagina 4 del documento). Fino a questo punto nel documento non si parla delle <<carrozze>> che secondo gli studiosi del G.E.O.S. sarebbero stati, chissà perché, in realtà tre ovoidi appiattiti, muniti di antenna.

Confrontando la descrizione delle creature fatta nel testo francese del 1874 con quella fornita dagli studiosi transalpini, sorge spontaneo chiedersi se questi abbiano letto una fonte diversa da quella lionese o se abbiano lavorato con la fantasia (il che, se fosse vero, sarebbe eticamente inaccettabile).

Le entità, che nel documento custodito a Nizza vengono descritte immerse nel mare fino all’ombelico anziché uscite dai tre "ovoidi ", sono state raffigurate dai membri del

G.E.O.S. come umanoidi macrocefali con <<due aperture circolari luminose al posto degli occhi>> e vestite <<con una tuta ricoperta di scaglie>>. Leggendo la descrizione contenuta nel documento lionese nulla lascia immaginare che tali creature avessero un simile aspetto.

<<Il quindicesimo giorno di Agosto apparvero sul detto mare del porto di Genova tre carrozze trainate ciascuna da sei figure tutte di fuoco a somiglianza di drago.

E procedevano dette carrozze trainate dai detti segni che avevano sempre i loro serpenti, e continuavano con i loro gridi spaventevoli e si avvicinavano alquanto a Genova>>.

Anche per questo brano vale lo stesso discorso fatto sopra: non si comprende sulla base di quali elementi gli ufologi francesi abbiano potuto affermare che le <<tre carrozze trainate ciascuna da sei figure tutte di fuoco a somiglianza di drago>> fossero in realtà tre oggetti <<di forma ovoidale allungata e piatta sormontati da una specie di pennone (che oggi potremmo chiamare antenna)>>; né ci sono elementi interpretabili come <<il ribollire dell’acqua con intensa emissione di vapore color arancio – ocra; il tutto accompagnato da un fragore infernale>>.

6) <<Le due entità affondano nell’acqua fino alle anche. Le braccia sostengono in verticale due tubi, raccordati per mezzo di gomiti alla vita, dalla quale parte a mò di cinturone, un collegamento anellato annesso alla tuta al livello della schiena. Per due ore in questa serata del 5 Agosto 1608, i tre ordigni rimangono più o meno nella stessa posizione, al centro dell’evoluzione circolare delle due strane entità sbucate dal loro interno. Verso le 22, i tre vascelli celesti, dopo aver imbarcato i due esploratori, con un rombo indescrivibile ed a gran velocità si dirigono nella notte verso est, diventando in pochi secondi tre puntini luminosi nell’immensità del cielo stellato>>.

Critca alla parte n° 6. Per questo brano vale lo stesso discorso fatto sopra.

7) <<Identificando il fenomeno di cui erano stati atterriti testimoni come un avvertimento Divino, i nizzardi si riversano nelle strade della città, sfilando in lunghe processioni con in testa la statua del Cristo, fino all’alba del 6 Agosto 1608>>.

Critica alla parte n°7 Il contenuto di questo passo mi sembra, per così dire <<ispirato>>, alla parte relativa alle manifestazioni religiose che, secondo il nostro sconosciuto cronista, si svolsero a Genova dopo il primo Agosto, successivamente alla sparatoria di ottocento colpi di cannone contro le entità volanti.

Riporto dal documento lionese il brano (p.5) al quale paiono essersi riferiti gli ufologi del G.E.O.S: <<Le chiese si riempirono e, ricorrendo al vero rimedio, fecero una quantità di processioni, imposero il digiuno, i buoni padri Cappuccini ordinarono le quaranta ore per cercare di placare l’ira di Dio, col loro rimedio salutare>>.

Nella pagina successiva (p.6) è narrato che il quindicesimo giorno dopo la scomparsa in mare delle <<carrozze>> insieme alle sei figure mostruose e dopo la morte di alcune persone conseguente a quelle apparizioni fu cantato il Te Deum, un inno di ringraziamento a Dio.

È evidente che i fatti accaduti a Genova sono stati attribuiti in modo arbitrario alla città di Nizza.

8) <<Il mattino del 22 Agosto i tre ordigni venuti dal cielo compaiono a Genova, anche questa volta di fronte al forte della città. I genovesi, già informati di quanto era successo a Nizza 17 giorni prima , reagirono violentemente.

<<Dalla Cittadella si scatena un serrato tiro d’artiglieria contro i tre vascelli spaziali. Così 800(!) palle di cannone sono indirizzate sugli ordigni, ma nessuno dei tre subisce il minimo danno né interrompe le proprie evoluzioni.

<<Tuttavia, particolare da sottolineare, nessuna entità aliena tenta di uscire dagli oggetti durante le due ore e mezza in cui il fenomeno si produce. Dopo circa un’ora di evoluzioni

sul pelo dell’acqua, uno degli ordigni si stacca bruscamente dal gruppo e punta sulla città>>.

Critica alla parte n°8. Nel documento custodito a Nizza non è narrato nulla che sia accaduto a Genova il 22 Agosto. Gli eventi genovesi come sappiamo cominciarono il primo Agosto e si conclusero a metà mese.

Il ventiduesimo giorno di Agosto si ebbe l’apparente combattimento tra i due guerrieri volanti nel cielo dell’isola di Martégue; episodio che il G.E.O.S. colloca, non si capisce per quale ragione, al 25 Agosto.

9) <<Un panico indescrivibile si diffonde allora tra la popolazione e si registrano numerosi morti e feriti, dopo il passaggio dell’oggetto volante. Morti calpestati dalla folla o per lo spavento, ma alcuni a causa delle radiazioni emesse dal vascello spaziale. Dopo questa dimostrazione dai tragici effetti, i tre oggetti volanti si riuniscono nuovamente e si dirigono verso est a velocità vertiginosa>>.

10) <<Cinque giorni dopo, il 25 Agosto 1608, nel cielo di Martigues, piccolo villaggio di pescatori situato all’interno dello Stagno di Barre, appare un vascello spaziale, che volteggia per un’ora e mezza al di sopra delle case.

<<Ne fuoriescono due entità molto simili osservate dai nizzardi la sera del 25 Agosto, che planano intorno al vascello e danno l’impressione di sfidarsi a duello nel cielo.

<<E’ l’ultimo avvistamento di vascelli spaziali in questa regione del Mediterraneo >>.

Critica alla parte n°10. Ho già scritto, nel rilevare discordanze tra il contenuto del brano n°8 e quello della parte più o meno corrispondente del nostro documento, che in quest’ultimo i prodigi osservati dagli abitanti dell’isola di Martégue ebbero inizio il ventiduesimo giorno di Agosto e terminarono, pare, definitivamente il ventinovesimo giorno, con essi si conclude la narrazione nel documento. Invece i ricercatori del G.E.O.S. fanno concludere i prodigi ben oltre questo termine (v. brano n°11).

Per quanto riguarda l’aspetto dei due esseri che apparentemente si batterono nel cielo della città dell’isola di Martégue, nel documento vi è scritto: << Il ventiduesimo giorno del detto mese apparvero due uomini nell’aria , ciascuno con in mano armi e scudi, che si combattevano in tal modo da sbalordire gli spettatori e dopo essersi lungamente battuti si riposavano per un certo tempo, poi ritornavano a scontrarsi e la lotta durava due ore.

<<Il ventisettesimo del detto mese essi combatterono a piedi e si azzuffarono in tal maniera che sembravano fabbri che picchiassero l’incudine. L’indomani, erano a cavallo, facendo volteggiare i cavalli come gente d’armi poi cozzarono in tal modo che si sarebbe detto che l’uno o l’altro dovesse cadere di sotto. Ed il giorno seguente, ad

alcuni sembrò che ciascuno di essi fosse in un mastio o fortezza e dopo essersi scambiati l’un l’altro dei convenevoli si intese un rumore come dei colpi di cannone>>.

Dunque <<due uomini nell’aria, ciascuno con in mano armi e scudi […], erano a cavallo, facendo volteggiare i cavalli come genti d’armi >>. Questa descrizione fa immaginare due esseri umani o meglio due soldati a cavallo, due cavalieri volanti se vogliamo, e non <<due entità molto simili a quelle osservate dai nizzardi la sera del 5 Agosto>> (stando al contenuto del documento lionese: dai genovesi dal primo al quindicesimo giorno del mese) come sostenuto dagli ufologi del G.E.O.S..

Un’ultima osservazione.

Ho scritto che i due guerrieri apparentemente duellavano nel cielo di Martégue, perché partendo dall’improbabile presupposto che tale episodio sia accaduto veramente, l’impressione che se ne riceve è che le due entità abbiano in scenato un

combattimento: il duello, il rumore delle cannonate, le <<nubi e nebbie nere, oscure, che sapevano di salnitro>>, a fronte di questo scenario di battaglia, nella cronaca, molto stranamente, non viene registrata neanche una vittima.

Se invece, come è probabile, la storia è il frutto della fantasia dell’autore, è plausibile che abbia attinto, quale fonte d’ispirazione, ad una rappresentazione scenica, forse alla rievocazione storica di una battaglia; un po’ come viene fatto ai giorni nostri con le rappresentazioni storiche in costume. Sembra rifarsi alle tragedie greche e latine che narrano di guerrieri combattenti nel cielo.

11) <<La settimana successiva viene ricordata nella regione per le abbondanti precipitazioni di… pioggia rossa, rossa come il sangue. Secondo lo spirito degli abitanti dell’epoca, d’altronde, non può trattarsi che di sangue. In questo fenomeno trova giustificazione l’ipotesi che attribuisce ad una "vendetta divina" le inquietanti manifestazioni osservate durante l’Agosto 1608. L’interpretazione che si potrebbe dare oggigiorno allo stesso fenomeno è la seguente: questa regione del sud della Francia è ricca di bauxite. Il vortice d’aria originato dagli ordigni al momento di ripartire potrebbe aver risucchiato polveri di bauxite, che in seguito, inglobate dalle nuvole degli strati alti dell’atmosfera, avrebbero ceduto la propria colorazione rossastra alla pioggia. Per gli abitanti di questa regione, infatti, il fenomeno è relativamente frequente ed oggi, ormai, non stupisce più di tanto>>.

Critica alla parte n°11. Come ho scritto nel commento al brano n°4, il fenomeno della pioggia di <<sangue naturale>> interessò Nizza e tutta la costa provenzale. Pare di capire, leggendo il documento, che tale fenomeno si verificò subito dopo la metà di Agosto fino al ventesimo giorno del detto mese. Oltre a Nizza, le città coinvolte furono: Tolone, Riliane, dove piovve abbondantemente il diciottesimo giorno; Lambex il ventesimo giorno. Piovve anche a Marsiglia: <<In breve, lungo la marina da Nizza fino a Marsiglia ha piovuto sangue in diversi giorni>>.

Per quanto riguarda l’ipotesi che la pioggia di <<sangue naturale>> fosse in realtà acqua mescolata a bauxite, essa è la meno inaccettabile fra tutte le affermazioni fatte dai ricercatori francesi.

La bauxite è un minerale in forma di roccia di color crema o rosso - bruno per la presenza nella sua composizione di ossido di ferro (il suo componente principale è però l’ossido d’alluminio). Il suo nome deriva da quello del paese di Les Baux de Provence, un borgo medievale facente parte del dipartimento Bocche del Rodano, in Provenza. Nei pressi di Les Baux de Provence viene appunto estratta la bauxite i cui giacimenti furono scoperti nel 1812.

8.Conclusione

Purtroppo nessuno dei testi di storia della Repubblica di Genova da me consultati fa parola degli eclatanti e tragici avvenimenti descritti nel testo custodito a Nizza (ad onor del vero ho limitato siffatta indagine alla sola città ligure, non ho potuto estenderla agli annali delle localtà francesi indicate nel canard essendo tali annali irreperibili nelle biblioteche liguri)

Non sono riuscito a rintracciare alcuna notizia relativa a fenomeni naturali avvenuti in quel periodo a Genova, notizie che lo sconosciuto cronista avrebbe potuto utilizzare per scrivere la sua fantasiosa storia.

Le assonanze tra i nomi Bagatelo–Bagarello e tra De Loro–De Lauro che ho proposto nel §4 sono un indizio assai debole a sostegno dell'ipotesi che nella storia narrata potrebbe esserci qualcosa di reale.

In definitiva, anche se vorrei che fosse vero il contrario, propendo per la non oggettività

degli avvenimenti narrati nel documento.

                                                                                                                                                      
Antonio   Rubechini

 

Indice e didascalie di alcune pagine del testo lionese riprodotte nelle pagine successive

 

P.23

Frontespizio del documento lionese, si notino, sotto il marchio tipografico dell’editore, le scritte: " <<A Paris /Par Pierre Menier, portier de la porte Saint Victor /1608/ Jouxte la Coppie imprimée a Lyon>> che dimostrano l’esistenza di due precedenti edizioni.

P.24

La pagina 3 (non numerata) del documento in cui comincia la narrazione.

P.25

Pagina 9. Qui termina la narrazione dei prodigiosi eventi.

 

P.26


Retro di copertina del documento. Si noti il marchio con su scritto: <<Lyon Imprim. Louis

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Frontespizio del  documento lionese,  si notino, sotto il marchio tipografico dell’editore, le scritte: ” <<A Paris /Par Pierre Menier, portier de la porte Saint Victor /1608/ Jouxte la Coppie imprimée a Lyon>> che dimostrano l’esistenza di due precedenti edizioni.
 

 

 

 

 

 

 

 




 

La  pagina  3 (non numerata)  del documento in cui comincia la narrazione

 

 

 

 

 

 

 

Pagina 9. Qui termina la narrazione dei prodigiosi eventi

 

 

 

 

Retro di copertina del documento.  Si noti il marchio con su scritto: <<Lyon Imprim. Louis Pérrin  M DCCC LXXIV  >>.

 

 

 

 

 

 

Autore:   Antonio Rubechini                        Genova, sabato 4 novembre 2006

 

 

 

 

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