La nascita di Venere in Igino: un'interpretazione clipeologica

 di Antonio Marcianò

 

 

 

Igino è un autore latino (secc. I-II d. C.) cui si attribuiscono due opere giunte fino a noi: un manuale di astronomia, basato su fonti greche, in cui l'autore dà spazio specialmente a casi di eroi trasformati in costellazioni; ed un compendio di mitologia, Genealogiae, pubblicato nel 1535 con il titolo Fabulae e comprendente 277 miti ellenici. [1] 

 

In una prosa semplice e scorrevole lo scrittore narra la nascita della dea Venere. Igino, però, in Fabulae CXCVII, non riporta la tradizione greca che è, invece, riferita da Ovidio [2], ma una versione orientale, con una contaminatio del mito di Afrodite (Venere presso i Greci) e quello della dea Atagartis, nata da un uovo caduto dal cielo nel fiume Eufrate.

 

Atargatis era una divinità dell’umidità fertilizzante, corrispondente all’Ishtar sumera. Non si conosce il nome originale di questa dea, ma i filologi suggeriscono che la sua denominazione primigenia, Ata divina, fosse collegata alle grandi Ishtar ed Astarte. “Ella discese dal cielo sotto forma di un uovo da cui emerse la dea-sirena. Bella e sapiente, suscitò la gelosia di un rivale che la maledisse, augurandole di consumarsi d’amore per un bellissimo giovane. Ella restò incinta del ragazzo e partorì Semiramide. Poi si assicurò l’eterna fedeltà del giovane rendendolo invisibile. Dopo aver portato la figlia nelle foreste dove fu nutrita ed accudita da colombe, Atagartis si gettò in un lago e divenne un pesce… In onore suo e di sua figlia, i Siriani non vollero più mangiare colombi e pescare. Questa la forma base della sua leggenda, ma ve ne erano delle varianti: quella di dea della vegetazione, quella di dea del cielo, con la testa cinta di un velo di nubi e circondata da aquile, quella infine di dea del mare, coronata di delfini. I suoi santuari contenevano tranquilli laghetti pieni di pesci, circondati da alberi sacri su cui i colombi si appollaiavano. Durante l’epoca romana, Atagartis era venerata con danze estatiche da sacerdoti eunuchi. Atagartis è una figura paragonabile ad Ishtar ed a Cibele”. [3]

 

Leggiamo ora il passo dalle Fabulae per evidenziarne alcuni aspetti suscettibili di un’esegesi clipeologica.

 

Si racconta che nel fiume Eufrate cadde dal cielo un uovo di straordinaria grandezza. Si narra che i pesci si riversarono sulle sponde, mentre delle colombe si posarono sull’uovo e, scaldatolo, si aprì portando alla luce Venere, in seguito chiamata dea Syria.  A quella dea, poiché superò gli altri numi in giustizia e probità, da Giove fu data la facoltà che i pesci fossero trasformati in astri. Per questo motivi i Siri considerano i pesci e le colombe nel novero degli dei e non se ne cibano. [4]

 

L’aspetto di questa breve narrazione mitologica che più si presta ad una lettura in chiave di paleoastronautica è l’immagine dell’uovo caduto dal cielo: è possibile che l’immagine sia l’ingenua trasfigurazione di un’astronave aliena precipitata sul nostro pianeta o atterrata? Non sarebbe l’unico caso in cui gli U.F.O. nell’antichità e nel Medioevo vengono assimilati a travi infuocate, scudi (clipei, in latino,  da cui il termine clipeologia), ruote fiammeggianti o appunto gigantesche sfere ovoidali. La straordinaria grandezza dell’oggetto celeste è un altro indizio interessante. L’uscita di Venere dall’uovo evoca la scena di una donna dello spazio che viene fuori da un’astronave, apertosi un portellone. E’ un’immagine del contattismo, forse un po’ hollywoodiana, ma non del tutto priva di una certa verosimiglianza. Si pensi a quegli incontri ravvicinati del terzo tipo con protagonisti alieni che, uscendo dai loro ordigni volanti, sono stati scorti da testimoni affidabili e veritieri. Anche il particolare dei pesci che, mentre il vascello sfiora il fiume Eufrate, si riversano sulle rive, poiché l’enorme oggetto crea un avvallamento nell’acqua, si adatta ad uno scenario di tipo tecnologico. Il riferimento alle colombe, invece, che riscaldano l’uovo sembra essere un dato mitico. [5]

 

Si aggiunga che la Venere descritta da Igino è la Inanna sumera, dea di un pantheon che alcuni autori considerano sic et simpliciter visitatori di un altro mondo. [6]

 

Difficile, se non impossibile stabilire, la fonte cui attinse l’autore antico per il suo racconto: si può congetturare il richiamo ad una tradizione greca, a sua volta radicata in un retaggio medio-orientale.  

 

Tale difficoltà non preclude un’interpretazione realistica dell’episodio, nel quadro di un contatto con esseri non terrestri risalente ad un periodo storico molto remoto, quando gli “dei” scesero sulla Terra.


 

[1] Su Igino, vedi Enciclopedia dell’antichità classica, Milano, 2000, s.v. inerente

[2] Ov. Fasti, IV, 91-108

[3] Cfr Dizionario delle dee e delle eroine, a cura di P. Monaghan, Milano, 2004, s.v. Atagartis e rimandi interni. Questa dea presenta qualche somiglianza con Astarte, dea dell’eros, il cui  culto, non scevro di riti licenziosi, fa cui la ierodulia, ossia la prostituzione sacra, si diffuse anche in Egitto, dove fu assimilata alle dee Hator ed Iside, nonché in Grecia dove fu identificata con Afrodite. Vedi sempre Dizionario delle dee… op. cit. s.v. inerente. Si consulti la stessa opera per approfondite notizie su Ishtar e su Inanna, la dea sumera che può essere considerata la figura da cui, con vari adattamenti e contaminazioni, derivarono le altre.

 

[4] Riporto l’originale in latino. La traduzione sopra riportata è di chi scrive. “In Euphratem flumen de caelo ovum mira magnitudine cecidisse dicitur, quod pisces ad ripam evolverunt, super quod columbae consederunt et excalfactum exclusisse Venerem quae postea dea Syria est appellata; ea iustitia et probitate cum ceteros exsuperasset et ab Iove optione data pisces in astrorum numerum relati sunt et ob id Syri pisces et columbas ex deorum numero habentes non edunt”.

[5] I seguenti sono i dati mitici del racconto: le colombe, simbolo di fecondità erano sacre a Venere; catasterismo è la trasformazione dei pesci in astri per opera degli dei. Di questa credenza, cioè la metamorfosi per volontà dei numi di animali, uomini, eroi in costellazioni, sono numerosi gli esempi nell’antichità.  

[6] Si leggano, ad esempio, le opere di Alan Alford, Raymond Drake, Erich Von Daniken, Zecharia Sitchin etc.