Tàltos, una nuova visione della storia
di Sandro Accorsi
4 Agosto 2006

Tra le tante tradizioni presenti nel pianeta che parlano di educatori cosmici due anni fa accennai ad una tra le meno conosciute nel mondo occidentale, cioè quella che tramanda la venuta dei Tàltos.

 

 

Riassumendo brevemente raccontai che i Tàltos erano, secondo tradizioni siberiane poi mantenute vive nella tradizione magiara, esseri soprannaturali provenienti dal cielo a bordo di una splendente nave celeste e che erudirono dapprima la donna che incontrarono immediatamente al loro arrivo e successivamente, mescolandosi ad esse, le genti viventi nei dintorni di quel luogo. Questa prima donna diventò l’antesignana del fenomeno sciamanico, ricevendo appunto da queste creature dei poteri particolari.


Questi esseri avevano una caratteristica fisica particolare, avevano sei dita ben allineate per mano, e lasciarono questa traccia genetica nella popolazione, qualità riscontrabile in varie parti del mondo, particolarmente in Ungheria, ma associata in diversi casi ad entità aliene del passato e del presente, come raccontano gli addotti.
Per quanto esista una corrente letteraria che associ i Tàltos a fenomeni negativi come il vampirismo o alla demonologia slava, la grande forza della tradizione magiara ne tramanda la positività e soprattutto l’ancor grande attualità.
Infatti, da un libro di storia attualmente in uso nelle scuole ungheresi si può leggere che: “I Tàltos, secondo la fede degli antichi magiari, sono persone particolari da ogni punto di vista. Questo lo dimostra già la loro nascita: il Tàltos nasce già con alcuni denti e/o con 11 o 12 dita. Nel corso della sua vita cade una volta in una profonda sonnolente estasi (quindi in trance) e quando si sveglia da questa già dispone di meravigliose proprietà: può guarire i malati, con l’aiuto degli spiriti può vedere nel futuro, fornisce consigli utili a qualsiasi questione. Nelle favole popolari di frequente il protagonista è il cavallo Tàltos”. Che è un cavallo alato, sinonimo di volo, velocità ed agilità dico io, ma non solo io.
Cercando ulteriori notizie mi sono imbattuto in un articolo, tratto da un sito web ad essi dedicato, il cui titolo suona così: “La storia degli antenati magiari”, sottotitolo “La storia degli antenati con gli occhi dei Tàltos”.
In questo articolo inizialmente si parla di una fase della storia dell’umanità in qui esisteva nell’uomo la consapevolezza di essere “gocce del tutto”, vi era quindi una fede cosmica in cui l’individuo era parte integrante della natura e dell’intero universo e ciò era chiaro sia ai bambini di 4 anni quanto agli ottantenni.
Ognuno aveva il compito di portare avanti la conoscenza, la fiaccola della sapienza ricevuta appunto da questi esseri soprannaturali, attraverso una unica fede ed una unica lingua…La lingua di Mu! Di questa civiltà si sente parlare già da molti anni, a dire il vero un po’ come una favola, ma secondo le tradizioni magiare questa civiltà è esistita realmente e si sarebbe sviluppata grazie ad esseri alieni, i quali diedero poi l’incarico alla popolazione ivi vivente di portare la luce della sapienza e della conoscenza in tutto il resto del mondo.
Questo continente si estendeva nel Pacifico e aveva una forma approssimativamente triangolare con al centro l’Australia, la base verso l’Antartide e i due lati minori posti uno di fronte alle coste dell’Africa Orientale e l’altro di fronte a quelle occidentali dell’America Latina. La datazione di questa civiltà, d’accordo anche con gli studi compiuti dal colonnello dell’esercito britannico James Churchward nel 1868, risalirebbe a 70000 anni fa circa, e la popolazione ammontava a 64.000.000 di abitanti, più precisamente di Maya..Sì, perché la lettera dell’alfabeto di Mu M, indicava appunto i componenti di questa civiltà, ma veniva usata anche dai Maya per indicare loro stessi.
Secondo le teorie più accreditate il continente Mu si inabissò nell’Oceano Pacifico nell’11531 a.C. circa. Delle antiche regioni sono rimaste soltanto le odierne Hawaii, le Figi, le Isole di Pasqua, dove appunto troviamo impronte di una cultura di 50-60 mila anni fa. Prima di ciò, come appena citato, gli abitanti partirono via mare per raggiungere diverse parti del mondo e diffondere la loro saggezza, come a loro era stato richiesto dagli antichi educatori alieni.
Gli abitanti di Mu, grazie all’elevato livello tecnico raggiunto unitamente ad un elevato livello spirituale, costruirono navi e partirono per le restanti parti del globo a creare delle colonie spirituali. Arrivarono in Cina e nell’odierna India, dove un testo che viene fatto risalire a 5000 anni fa ma redatto su tradizioni più remote, il Sanat Kumara racconta: “Con il tuono possente della sua rapida discesa da insondabili altezze, circondato da fiamme che riempivano il cielo, apparve il carro dei Figli del Fuoco, dei Signori della Fiamma, venuti dalla Stella Splendente. Esso si fermò sopra l’Isola Bianca del Mare di Gobi, verde e meravigliosa, coperta di fiori olezzanti”. Rispecchia fedelmente le descrizioni relative alla tradizioni Tàltos, sia nella descrizione del carro celeste che nella descrizione della bellezza del luogo.
Anche la cultura atlantidea fu creata da Mu. Nonostante la storia ufficiale ancora non riconosca l’esistenza di questa civiltà, in alcuni scritti greci troviamo scritto che al tempo dell’inabissamento di Atlantide, 2000 militari greci stazionavano ad Atlantide, il cui re era Poseidone (più tardi sarebbe stato usato questo nome per indicare il dio dei mari).
Quando Atlantide si inabissò arrivarono nel continente americano dove fondarono l’impero Maya e da qui la conoscenza arrivò anche in Egitto dove Toth, che secondo questa tradizione era figlio di un prelato di Poseidone, si trasferì proseguendo la cultura maya. Secondo l’opinione pubblica attuale, il popolo egiziano era inizialmente politeista, ma in realtà era monoteista perchè adoravano il Dio Sole, intendendo con ciò l’energia vitale che ne derivava, e tutte le altre raffigurazioni divine ritrovate, illustrano le diverse peculiarità sotto le cui forme poteva presentarsi la divinità. Come dire che anche in Egitto v’era quella visione olistica propria della fede di Mu.Uno scienziato vivente in Canada, Baráth Tibor, dimostrò che più di cento raffigurazioni divine conosciute egiziano in realtà rappresentano un'unico dio, mettendone in rilievo ogni volta una diversa peculiarità, e che quindi l’Egitto era monoteista. Ogni cosa del creato era quindi considerata, da questa visione, una diversa manifestazione di un'unica divinità.
Toth, secondo questa tradizione, era appunto un Tàltos, cioè un essere dotato di poteri soprannaturali, veniva considerato lui stesso una emanazione della divinità, e come tale pesava lo spirito dei deceduti dopo la morte.
Una figura ben conosciuta del Libro dei Morti egiziano lo rappresenta insieme alla sua bilancia, la quale ha in un piatto lo spirito visibile del morto e nell’altro invece l’integrità, l’onore e la credibilità (queste doti unite insieme venivano indicate con il termine “magursag” molto assonante con la parola “magyarsag” che significa appunto la magiarità, la qualità magiara).
Ma qui arriviamo il punto a cui occorre chiedersi cosa c’entrano i Maya con i Tàltos, appartenenti alla tradizione del popolo magiaro. Non è proprio solo un caso l’assonanza maya-magyar.
In realtà nell’impero maya sono rintracciabili diversi elementi che si ricollegano alla tradizione magiara, tra cui anche elementi ornamentali, musicali e una quantità considerevole di parole totalmente riconducibili alle corrispondenti parole magiare.
Ma c’è molto di più. Ijasz Gyula, studioso linguista vivente in Ucraina, paragonando l’alfabeto greco e quello maya ha osservato che le due lingue si si conformano l’una all’altra, per di più i singoli caratteri hanno un significato particolare che li rende decifrabili solo con l’aiuto dell’etimologia magiara.
Decifrando i caratteri uno dopo l’altro otteniamo un testo coerente che descrive la creazione della Terra, la storia dello sviluppo della civilizzazione dall’11000 a.C. al 6000 a.C.
Ijasz Gyula dimostrò anche che in America le rimanenti tribù maya parlavano magiaro, tanto più che lavoratori ungheresi che partecipavano alla costruzione di una ferrovia in Sud America raccontarono di essersi imbattuti durante i lavori in alcuni indigeni presumibilmente discendenti di maya e di averne compreso la parlata in quanto molto simile alla loro lingua. Alcune decine di anni dopo, nel 1965 Moricz Janos comunicò, attraverso alcune colonne del Frankfurter Allgemeine Zeitung, che in Equador tra gli abitanti originari erano molti quelli che parlavano magiaro. Questi indiani mostarono a Moricz i loro posti più reconditi, le grotte dei Tàltos, che più propriamente era un lungo sistema di grotte, con manufatti, oggetti d’oro e librerie, che retrodatavano di 70000 anni la storia della Terra come descritto su delle cosiddette lamine, per di più con la scrittura a tacche Szekely.L’alfabeto Szekely, o comunque la scrittura Szekely consiste propriamente di un intero alfabeto trascritto con caratteri runici ed è appartenente alla tradizione magiara ; In Equador è anche rintracciabile un oggetto su cui figurano quattro nomi: Akuta, Ruga, Attila e Csaba. Ciò può significare che alcuni antenati unni erano stati presenti in Sud America.
Nonostante sia stata accettata dalla storia ufficiale la teoria per cui la popolazione magiara e la sua lingua discendono dalla famiglia delle popolazioni ugro-finniche e sia quindi estranea al bacino dei Carpazi, questa teoria fino all’epoca di Bach non esisteva.
Per quanto la storia ufficiale si sforzi di nasconderne le tracce, i racconti della tradizione magiara che parlano dell’origine di questo popolo, unitamente alle tavolette rinvenute con scritture a tacche, i geroglifici e i caratteri cuneiformi rinvenuti in Mesopotamia, in Egitto e nell’impero Maya,forniscono un resoconto storico differente. La lingua magiara ha in realtà una origine molto più antica, come racconta anche la tradizione più ancestrale, ed affonda le radici nella lingua primordiale.
Alcuni anni fa, con l’ausilio dell’analisi computerizzata, i ricercatori linguisti dell’Università parigina della Sorbona, hanno esaminato le lingue viventi e morte dell’intero pianeta alla ricerca di quella antica cultura conservata negli elementi comuni delle lingue, della cosiddetta antica etimologia. Il risultato fu stupefacente anche per gli stessi ricercatori: di questa antica cultura primordiale, la lingua inglese conserva il 4% in termini etimologici, il latino 5%, l’ebraico quasi il 5%, l’indiano il 9%, il tibetano e il sanscrito il 12%, il turco antico il 26%, la lingua magiara il 68%. Questa stupefacentemente alta percentuale è la più recente ed attuale testimonianza della antichità della cultura e lingua magiara e, secondo Sir John Bowring, studioso di lingue antiche, “lo studio dell’origine della lingua magiara ci conduce molto indietro nel tempo.Essa si sviluppò in maniera molto particolare e la sua struttura risale al tempo in cui ancora in Europa le lingue parlate e scritte non esistevano o non ne erano dotate come intendiamo oggigiorno…..Questa lingua è la più antica , il più glorioso monumento di una nazionalità, di unico impero. Ciò che gli studiosi non possono risolvere, lo trascurano, così nella ricerca linguistica così come nella archeologia.L’origine della lingua magiara è un mistero ugualmente meraviglioso quanto la meravigliosità della costruzione dei templi e monumenti egiziani. Chi lo risolve, analizzerà un segreto divino, tra i quali troviamo “In principio era il verbo, e il verbo era presso Dio, e il verbo era Dio””.
Altro elemento che testimonia l’effettiva antichità della lingua è dato da una disciplina, la Tamana, che esamina le antiche denominazioni geografiche di cui si conserva ancora memoria. I ricercatori, confrontando avvenimenti storici, nomi di montagne, laghi e fiumi, hanno elaborato in questi anni più di 40 milioni di dati geografici.
Ebbene, anche in questo caso, il risultato di questi esami è stupefacente perché, secondo i dati elaborati, sulla nostra intera Terra, dall’Africa al Giappone, dall’Asia all’America, dappertutto quasi brulicano denominazioni geografiche in lingua magiara o attinenti ad essa.
Siamo quindi davanti ad una lingua che può essere veramente collegata od addirittura essere strettissima parente della lingua della ricercata civiltà primordiale.
Esiste infatti uno stretto collegamento anche con la Mesopotamia ed i Sumeri. Infatti, pur essendo definita ufficialmente una lingua ugro-finnica, il magiaro attuale viene considerata ufficialmente una lingua direttamente discendente dal sumero, in quanto procede a formare i casi grammaticali ponendo suffissi al termine delle parole e inoltre fa uso frequente di parole composte, proprio come facevano i sumeri e come fa la maggioranza delle lingue asiatiche. Il prof. Jos Ferenc Badiny, direttore di una cattedra di sumerologia in una università sudamericana dimostrò proprio che la grammatica della lingua sumera, la sua fonetica e la sua lessicologia sono conformi per circa il 65% alla lingua magiara. Questo che può sembrare un controsenso ma in realtà è spiegabile se torniamo all’assunto della migrazione da Mu verso più terre e che una parte, probabilmente anche rilevante della popolazione, arrivò in Mesopotamia. Una spia di ciò può essere il fatto che esistono molte favole ungheresi che parlano di questi posti. Là infatti viveva il popolo del Dio del Sole, Szem-úr, cioè il popolo sumero ( ancora oggi úr in magiaro significa signore e űr significa spazio in senso astronomico), che quindi trarrebbe origine dalla migrazione di abitanti di Mu che sarebbero entrati in contatto con “gli uomini dalla testa nera” là presenti. Potrebbe così spiegarsi la somiglianza delle tradizioni sumere con quelle degli indiani Hopi nel continente americano, essendo loro stessi discendenti dei Maya, in particolare in relazione agli dei del tuono. Da qui, dopo aver dato appunto la luce alla civiltà sumera, sotto la pressione di nazioni guerriere, questa parte di popolo magiaro di indole pacifica dovette spingersi sempre più a nord, riducendosi gradualmente nel tempo, fino ad arrivare appunto a quei territori corrispondenti all’attuale Siberia, alle valli e alle pianure a ridosso dei Monti Urali, dove le generazioni susseguendosi hanno mantenuto il ricordo delle loro origini, e quindi anche il ricordo ancestrale del contatto con questi esseri di altri mondi. Da qui poi una parte di loro sarebbe tornata più a sud in seguito ad un nuovo messaggio divino, fermandosi nel bacino carpatico dove in precedenza avevano già vissuto, come testimoniano scritture a tacche ritrovate nel villaggio di Taterlak risalenti al 5700 a.C. È inoltre da segnalare il tempio di Iside ritrovato a Szombathely, segno inequivocabile di presenza di una evoluta cultura del Dio Sole. Lo stesso Erodoto, intorno al 5000 a.C. scrive che non è possibile andare nei territori del bacino carpatico perché là ci sono i “mehek”; questi mehek dotati di cavalleria sono i magiari. Al ritorno quindi in questa zona c’è l’incontro con gli Unni che vengono subito da loro riconosciuti come parenti e con i quali nuovamente si mescolano. Sono proprio le cronache delle tradizioni ungheresi che confermano questa costruzione dei fatti, in quanto parlano di due occupazioni del bacino carpatico, la seconda ad opera di Re Arpad. In virtù di questo incontro con gli Unni e del fatto che i popoli della puszta avevano l’abitudine di ricordare i propri antenati fino alla settima generazione precdente, possiamo quindi dire che quando i discendenti di casa Arpad sostengono di essere discendenti di Attila, che non era il personaggio sanguinario che gli studi di storia a scuola ci hanno voluto far credere, ebbene hanno ragione. Riguardo ad Attila c’è da dire una cosa molto interessante, e cioè che secondo testimonianze storiche di chi ha visto allora Attila, questi non sarebbe ancora morto ma sarebbe in uno stato tale dal quale potrebbe tornare in qualsiasi momento, ma ciò avverrà solo al momento prestabilito. Forse per questo nessuno ha mai trovato la tomba di Attila, per quanto in molti se ne siano messi in cerca.
La leggenda della sua sepoltura narra di tre bare che vengono depositate nel letto di un fiume; queste tre bare rappresentano tre livelli di energia mentre il fiume ne rappresenta il flusso. Significa quindi che attualmente Attila vivrebbe sotto forma di onda e quindi sarebbe presente nel mondo, e i tre livelli di energia fondendosi possono restituirgli il corpo fisico in qualsiasi momento.
Considerando che noi stessi siamo fatti di materia, che via via scendendo nell’analisi attraverso le molecole, gli atomi e le particelle subatomiche di ciò di cui siamo composti il nostro corpo altri non è che una vibrazione particolarmente grossolana dell’energia che pervade l’intero universo, la leggenda utilizza concetti derivanti da studi di fisica quantistica, ai quali solo sul finire del secolo appena trascorso la nostra scienza ha cominciato ad avvicinarsi ma anche a numerose tradizioni guardacaso orientali, per esempio la concezione dell’universo propria dei Veda…L’utilizzo in questa leggenda di questi concetti di livelli di energia tradisce comunque importanti ed evidenti conoscenze scientifiche davvero improprie per quei tempi, quantomeno di matrice sospetta e può far presumere una possibile matrice aliena.
A questo punto, unendo tutte queste informazioni a quanto già si conosceva, possiamo con ragione formulare l’ipotesi che Mu sia stata veramente la culla di quella civiltà primordiale che gli storici ricercano da tempo, che il suo livello tecnologico ed anche spirituale fosse molto avanzato grazie all’intervento alieno.
Tutto ciò potrebbe spiegare quindi i ritrovamenti avvenuti in tutto il mondo di oggetti cosiddetti fuori dal tempo, le carte geografiche antichissime con particolari inspiegabilmente accurati come quella di Piri Reis, le statue dell’isola di Pasqua ed altre meraviglie inspiegabili. Da questo continente, in tempi antichissimi genti sarebbero partite per andare a spargere la conoscenza e la loro lingua in tutto il mondo. Chiaramente mescolandosi con le popolazioni già residenti, la lingua originaria si sarebbe con il tempo divisa in più lingue diverse, mantenendo però alcuni archetipi comuni di fondo in ogni cultura. Sorsero così le civiltà dell’Indo, la civiltà cinese, la civiltà atlantidea, la civiltà sumera in epoche a volte coincidenti a volte diverse.
Anche i caratteri genetici naturalmente si sarebbero diffusi in tutto il pianeta assieme alla cultura, e tra questi quello delle sei dita per mano o quello che fa nascere i bambini già con i denti, o con talenti particolari, come doti medianiche o qualità sciamaniche.
Queste civiltà conservarono il ricordo di una cosiddetta età dell’oro, comune a tutte le grandi tradizioni planetarie, che appunto risalirebbe alla civiltà di Mu. Ognuna di queste civiltà avrebbe poi creato alcune delle meraviglie che possiamo ancora oggi ammirare, grazie alle conoscenze ereditate da questa civiltà e probabilmente anche con successivi aiuti esterni.
Probabile che una parte di questi abitanti arrivò in Mesopotamia, tra il Tigri e l’Eufrate dando luogo alla civiltà sumera. Ciò sembra contrastare con le teorie di Sitchin, secondo cui l’uomo fu creato dagli Anunnaki provenienti da Nibiru, ma proviamo per una volta a pensare all’immane quantità di materiale genetico presente nel nostro DNA al quale gli scienziati ancora oggi non sanno attribuire una funzione. Se in realtà gli Anunnaki avessero sì creato l’uomo, ma in realtà un uomo diverso da quello esistente allora, un uomo limitato nelle sue possibilità da interventi genetici mirati a limitarne la durata della vita e le potenzialità intellettuali e spirituali al fine di figurare loro stessi come dei ai suoi occhi e di soggiogarlo in vari modi? E che quindi quel materiale genetico apparentemente inutile sia in realtà neutralizzato da un qualche cosa che non gli permette di svilupparsi, e questo qualcosa fosse, per esempio, collegato a quella proteina recentemente scoperta che avrebbe proprio la funzione di far invecchiare il corpo e portarlo alla morte? Quella proteina presente anche nel corpo dei topi e che in un esperimento di laboratorio è stata estratta appunto da uno di questi animali consentendo quindi allo stesso di non risentire affatto dell’intervento e migliorandone sensibilmente la salute ed allungandone di un 30% la vita?
Cosa succederebbe se quel materiale genetico fosse riattivato? Torneremmo quindi a quel DNA a 12 eliche di cui si parla ultimamente e che sicuramente ci permetterebbe di esprimere ben altre potenzialità rispetto alle attuali, con una diversa conoscenza delle dimensioni dell’universo?
Tornando all’aspetto storico una parte della popolazione si sarebbe appunto spinta più a Nord ad occupare una prima volta il bacino carpatico, dove sarebbero rimasti coloro che poi furono gli Unni, e successivamente vi sarebbero tornati dopo il periodo trascorso molto più a nord nelle regioni siberiane e a ridosso della penisola finnica.
Quindi la lingua magiara e la tradizione dei Tàltos potrebbero benissimo essere gli ultimi resti della civiltà primordiale di Mu e celare le vere origini e le reali potenzialità dell’essere umano e meritano ulteriori approfondimenti.


 

 
 

 


 
 

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