CASO DI BERRA E SERRAVALLE

 

di Sebastiano Di Gennaro

 

New! (Marzo 2003) Disponibili le evidenze fotografiche:

Caso di Berra
Caso di Serravalle

       

        Mi preme ricordare come fenomeni relativi a visioni di luci notturne in uno schema anomalo non siano gli unici eventi imputabili ad apparizioni di UFO. Ci si dimentica spesso di prendere in considerazione dovuta le tracce fisiche e concrete che essi lasciano sul terreno, sugli animali e sugli uomini, e rispettare di più la dignità e la personalità di migliaia di personaggi colti, seri, attendibili, i quali non guadagnerebbero alcunché nel rivelare fenomeni particolari, di cui sono stati e sono protagonisti, anzi avrebbero tutto da perdere (come è capitato spesso nel loro ambiente di lavoro) nel mettere a repentaglio e in dubbio la propria condizione mentale. In quanto ai profani in materia d’UFO non è umano e corretto, anzi è offensivo considerarli indignitosi e privi di personalità, come purtroppo accade spesso in tema di testimonianze di accadimenti anomali, da parte di alcuni uomini di scienza, i quali, sorretti solo dai propri dogmi scientifici, senza prendersi lo scomodo d’indagare su di un fenomeno sconosciuto che sovverte tutte le leggi della scienza e della tecnologia terrestri, non essendo capaci di costruire spiegazioni valide e giustificate per esso, negano che quest’ultimo si sia verificato o, nella migliore delle ipotesi, azzardano delle spiegazioni puerili da far ridere i polli. L’attendibilità di un evento ufologico a volte è maggiore se questo viene riferito proprio da un profano in materia, per il motivo che molti particolari sono noti soltanto ai più incalliti ufologi e rispecchiano pienamente, perciò, la concretezza e la verità del fenomeno, di cui è stato testimone l’individuo in questione.

        La realtà dell’esistenza degli UFO (per gli ufologi ormai non è questo più un problema) è confermata spesso da tracce visibili ed in zone isolate. E’ appunto di 2 casi interessanti che vorrei descrivere le vicende di cui sono stati protagonisti due personaggi, diversi fra loro per condizione sociale e culturale. Questi due casi sono stati indagati e studiati dall’USAC. Per comodità li chiamerò “Caso A” e “Caso B”, avvenuti ambedue rispettivamente in località di Berra e Serravalle, nella provincia di Ferrara, dalle nostre parti, insomma. E’ roba di “casa nostra”!

 

 

CASO A

 

Località: Berra (FE)

Data: pochi giorni prima del 9 Giugno, 1984

Testimoni: Il signor Zaghini e famiglia

 

Le strane voci che circolavano allora nella BERCO, una fabbrica di pezzi d’auto, a Copparo (FE), incuriosirono uno dei nostri soci, nonché operaio della stessa BERCO.

Sabato, 9 Giugno 1984, la notizia che un uFO era atterrato nelle campagne di Berra pochi giorni prima correva sulla bocca di tutti gli operai della fabbrica. Terminato il lavoro, il nostro socio si premurò di telefonarmi, avvertendomi che c’era un caso molto interessante per le mani, un caso di natura ufologia, su cui era necessario indagare e farlo anche molto celermente. Quest’ultimo avverbio mi mise addosso il ballo della tarantola (si fa per dire!). Erano le ore 21 circa ed era quasi impossibile radunare i tecnici della mia équipe a quell’ora di sera: divertimenti e week-end sono di moda dalle nostre parti! Solo a tarda ora riuscii a mettermi in contatto con qualche socio dell’USAC e con alcuni collaboratori nostri, appartenenti al Centro Astronomico “Columbia” di Ferrara, i quali mi assicurarono il loro intervento per il caso in esame. Decidemmo, così, di partire per Berra il pomeriggio del giorno seguente, Domenica.

        Arrivati in paese, entrammo subito in un bar della piazza principale e chiedemmo al gestore le informazioni desiderate, dopo esserci qualificati con tanto di tessera come studiosi della materia ufologia, appartenenti ad un Centro di Ricerche, legalmente registrato. Frattanto già s’era formato un crocicchio di gente attorno a noi: avventori del bar, che, sentendo parlare di UFO, avevano sospeso temporaneamente l’ingestione delle bevande dalle proprie tazze e dai bicchieri. Sembrava di essere protagonisti di una di quelle scene “western” che si svolgevano nei saloon americani. Il proprietario del bar, dopo essersi fatto promettere da noi i risultati di quelle indagini che avremmo compiuto, ci diede tutte le generalità del proprietario del terreno, su cui sarebbe atterrato un UFO. In genere noi dell’USAC non prendiamo mai alla lettera tutto quello che ci viene propinato dagli altri. Preferiamo prima investigare con metodi strumentali e con deduzioni estremamente logiche, poi trarne le conclusioni.

        L’abitazione del signor Zaghini era situata in Via Albersano, 132, alla periferia di Berra. Vi arrivammo nel primo pomeriggio, immersi in una calura quasi estiva. Fummo accolti dal figlio, mentre il padre schiacciava un pisolino nella frescura della propria stanza. Poco dopo si presentò a noi il signor Orlando Zaghini, allora sessantaduenne, pensionato e proprietario di 1 ettaro di terra, situato presso l’Azienda Gavaglione, nelle vicinanze della sua abitazione. Quando seppe il motivo della nostra visita, senza scomporsi, ci invitò ad entrare in casa con squisita cordialità. Facemmo la conoscenza di sua moglie e anche quella di una bottiglia di ottimo vino di campagna. Il signor Zaghini si presentava come uno di quei rudi ma sani lavoratori della terra, di statura media, con fisico robusto e mani callose, molto cordiale, che familiarizzò subito con me e con la mia équipe. Dopo tanti convenevoli ma spontanei e sinceri venimmo al sodo della questione.

 

Signor Zaghini”- accennai con una punta d’impazienza – “le dispiacerebbe narrarci cosa è accaduto sul suo terreno e poi mostrarci il posto?”

 

“Mercoledì, 6 Giugno, mi trovavo nel mio campo di granoturco”- cominciò Zaghini -“per controllare la crescita delle piantine e per eseguire qualche lavoretto. Erano circa le ore 16. Più tardi, mentre ispezionavo i filari di mais, mi sono accorto che uno di questi era interrotto per un buon tratto e al posto delle piantine c’erano delle strane impronte e delle buche profonde”.

 

Lo interruppi nel suo racconto, chiedendogli di portarci in loco, dove avrebbe potuto mostrarci le tracce. Vi arrivammo dopo pochissimi minuti. Scavalcammo per circa 100 metri i vari filari di piantine di mais e, finalmente, ci trovammo davanti il filare interrotto, ai lati del quale si notavano 2 buche profonde in posizione quasi simmetrica rispetto al solco centrale semicilindrico e oblungo e altre buche sparse casualmente intorno e di diametro assai più piccolo. In fig. 1 è tracciata una rappresentazione grafica delle tracce suddette.

A dire il vero la scanalatura semicilindrica era quasi tutta coperta da terra, una terra argillosa indurita dal sole che aveva prevalso finalmente sulle scroscianti piogge di alcuni giorni prima.

 

“Signor Zaghini – intervenni incuriosito – “come mai le buche e scanalatura sono ricoperte dal terriccio?”

 

“Deve sapere che verso le ore 18.30, dopo aver compiuto alcuni lavoretti, come già le ho detto, piuttosto impensierito, me ne tornai a casa. Temendo che si trattasse di orme di qualche ordigno infossato nel terreno, decisi di recarmi dai carabinieri. Verso le ore 19.30 mi presentai alla caserma di Berra e raccontai l’accaduto, sporgendo denuncia e chiedendo che si facesse un sopraluogo nel mio terreno. Il piantone prese nota. Venerdì mattina mi recai ancora dal maresciallo, il quale mi promise che avrebbe finalmente provveduto. Non ho saputo più nulla né ho avuto da loro un resoconto né una giustificazione. Sono certo, però, che essi sono venuti nel mio terreno senza dirmi niente, senza avvertirmi. La gente del paese li ha visti. Sono arrivati anche dalla Tenenza di Copparo verso le ore 11.00. Alle ore 12.30 sarebbero comparsi, a sentire alcuni dei miei paesani, anche quelli dell’Aeronautica in macchina verde. Da me non sono passati. Mi sono accorto che le orme nel mio terreno erano state smosse e le buche ricoperte”.

 

        Nel frattempo i tecnici della mia équipe eseguivano i dovuti controlli, misurando accuratamente tutta l’area interessata e prelevando numerosissimi campioni di terreno e di parti di piantine di mais tutt’intorno alle buche e al filare interrotto.

 

“E’ sicuro, signor Zaghini, che non si tratti di uno scherzo di qualche burlone?”- gli chiesi, anche se ero convinto che il fenomeno si presentava con un altissimo indice di probabilità di natura anomala (ce lo insegnava l’esperienza).

 

“Impossibile!”- mi rispose l’anziano agricoltore – “Due o tre giorni prima dell’accaduto ero passato proprio su quell’area per i soliti controlli al terreno, che risultava ancora molliccio per le piogge e non mi sono accorto di niente. Non c’era niente di strano. Se qualcuno avesse voluto fare uno scherzo, avrebbe certamente lasciato più di un’impronta intorno alle buche, e invece non figuravano altre tracce all’infuori di quelle in questione”.

 

        Il ragionamento di Zaghini non faceva una grinza. Infatti, impronte di tal tipo nonpotevano essere state costruite il giorno prima della scoperta dell’agricoltore su un terreno, che, dato il gran caldo, s’era indurito al punto tale da sembrare roccia.

        Il caso appariva molto interessante. Ci congedammo dal 62enne agricoltore, ripromettendoci di tornare di lì a qualche giorno.

       Ci recammo subito alla caserma dei carabinieri di Berra. Il piantone, un mio compaesano, con cui familiarizzai subito, ci mise in contatto con il maresciallo. Dopo le reciproche identificazioni ottenemmo eventuali chiarimenti sul caso Zaghini. Lo stesso maresciallo, accompagnato dal suo luogotenente e da alcuni colleghi di Copparo, si recò sul posto. Questi ultimi, affidando la responsabilità delle indagini agli stessi rappresentati dell’Ordine di Berra, tornarono indietro. Il maresciallo raccontò che in tanti anni di carriera non aveva mai visto impronte di quel genere.

 

“Mi deve credere, - aggiunse – secondo me qualcosa è calata dall’alto, ha prelevato campioni di terreno e di mais e si è allontanata verso l’alto! Una volta arrivati sul luogo, abbiamo preferito sondare noi il terreno alla ricerca di qualche eventuale ordigno nascosto ed inesploso. Se non avessimo agito in quel modo, secondo disposizioni di legge avremmo dovuto far intervenire gli artificieri da Firenze, e per circa un mese ci sarebbe stato un via vai tra il terreno di Zaghini e la nostra caserma. Anzi, devo scusarmi con il signor Zaghini se non sono passato da lui per avvertirlo dell’effettuata indagine. In ogni modo non abbiamo trovato nulla al di fuori di quelle strane impronte. Quello che era ancora più strano è rappresentato dalle pareti delle buche e da quell’enorme solco, ambedue piuttosto levigate ed indurite. Non c’era assolutamente traccia, inoltre, di piantine all’interno del solco né di radici. Abbiamo scattato due fotogrammi della zona in questione. Appena saranno stampati gliene faremo recapitare anche a Lei”.

 

        Ringraziando il maresciallo per la gentile collaborazione, gli lasciammo in omaggio alcuni Notiziari UFO del nostro centro di ricerche, con la promessa di una reciproca e futura collaborazione in caso di necessità. All’uscita della caserma salutai il piantone, mio compaesano, dal quale venni a sapere che era stato proprio lui a scattare le foto alle impronte. Mi promise che entro una quindicina di giorni mi avrebbe spedito le stampe.

        Una volta tornati in sede, passammo in rassegna tutto il metriale a nostra disposizione, l’analizzammo accuratamente con strumentazioni ottiche ed elettroniche e facemmo sviluppare e stampare diapositive e rulli fotografici dai nostri collaboratori del centro Astronomico Columbia. Due giorni dopo ritornammo dal signor Zaghini per ulteriori ricerche. Questi ci consegnò una strana pietra trovata ai bordi del solco, la quale presentava segni evidenti di cottura. Ne deducemmo subito che il terreno argilloso di Zaghini aveva subito una cottura non eccessiva: la pietra era diventata quasi mattone (vedasi Foto 13). Eseguimmo alcune misure su eventuale radioattività della zona con il nostro Geiger e su eventuali tracce metalliche con il cerca metalli. Alla fine, paghi di come si erano svolte le cose, stavamo per congedarci da Zaghini, quando egli c’informò che altre tracce erano state notate in una campagna di Serravalle, di proprietà del Dr. Carpendo, un ricco proprietario di Adria. Quest’altro caso capitava come il cacio sui maccheroni e poteva rappresentare una conferma del caso Zaghini. Ringraziammo l’anziano e ospitale agricoltore e ci avviammo verso Serravalle con il figlio di Zaghini come guida. Prima di trattare il caso B o caso Carpendo mi soffermerò sul primo caso per trarne le dovute considerazioni e deduzioni logiche. Riporto di seguito 12 fotogrammi relativi alle orme trovate sul terreno di Zaghini e relativi alle piantine circostanti le stesse orme. E’ da sottolineare che le impronte originali furono ricoperte dai carabinieri di Berra dopo che questi misero sottosopra il terreno di Zaghini alla ricerca di eventuali ordigni sepolti. Rimaneva un punto oscuro della vicenda: perché il maresciallo non ci parlò del furgone dell’Aeronautica, visto da alcuni cittadini di Berra? Qualcosa non mi convinceva, soprattutto quando i fotogrammi scattati dal luogotenente piantone dei carabinieri non ci pervennero, perché il rullino era stato sopraesposto erroneamente (questa fu la versione ufficiale del mio compaesano, quando gli telefonai). Mi promise, però, che avrebbe messo a nostra disposizione il rullino con i fotogrammi sopraesposti. Pochi giorni dopo venimmo a sapere che Ciro (così si chiamava il carabiniere mio paesano) era perito in un incidente strano: fu trovato morto soffocato nel suo garage dai fumi di scappamento della sua auto. Mi sembrò di rivedere una scenetta consueta. Mi vennero in mente le strane morti di James Mc Donald e di Morris Jessup. Ciò mi fece pensare che erano intervenuti ordini dall’alto allo scopo d’insabbiare le indagini in questione il più presto possibile.

 

Evidenze fotografiche (caso di Berra)

 

Conclusioni e considerazioni

 

        Le varie analisi eseguite sul terreno e sui molteplici campioni prelevati, accompagnate da circostanze sostanziali, ci hanno permesso di considerare senza ombra di dubbio valida e identica alla nostra la versione del maresciallo dei carabinieri di Berra: qualcosa è sceso dall’alto, ha prelevato le piantine con tutte le radici ed è volato via.

 

1)       La morfologia delle buche è piuttosto strana: le pareti interne sono pressate e perfettamente levigate, a sentire la versione dell’agricoltore e dei carabinieri di Berra. Inoltre una delle due grosse buche presenta un restringimento interno, e da questo due scanalature che s’infiltrano obliquamente nel sottosuolo. E’ ovvio pensare che nel campo dell’agricoltura e altrove non esista alcuna sonda di questo tipo.

2)       Il filare interrotto non contiene nessuna traccia di piantine di mais né di loro eventuali radici piegate o infossate per un peso esterno. Se ne deduce che l’UFO non sia atterrato nel campo ma abbia estratto esclusivamente una propria sonda di estrazione.

3)       Le piantine circostanti, le più vicine alle orme, hanno avuto una crescita rallentata (vedi anche caso B) e si presentano avvizzite, in parte spiegazzate, a volte con le estremità ingiallite in modo da escludere variazioni di trattamenti erbacei, altre volte (e questo quasi sempre) con lesioni e foracchiature disposte simmetricamente. La macrofotografia ha rivelato, inoltre, tracce di terriccio all’interno dei bordi dei forellini, quasi invisibili ad occhio nudo.

4)       Misure di radioattività, di termoluminescenza e di fattori magnetici hanno dato esito negativo.

5)       L’analisi chimica del terreno prelevato come campione ha fornito il seguente risultato: in alcuni tratti si sono avute delle modificazioni chimico-fisiche di esso, lasciando presupporre che una fonte termica (probabilmente microonde ad altissima intensità) abbia prodotto dapprima una notevole disidratazione e conseguentemente la trasformazione dell’argilla in pietra cotta. Composti riscontrati in misura dell’1.5% sono stati il quarzo e solfuro di ferro.

6)       A distanza di mesi le pannocchie di mais circostanti le orme sono apparse quasi appassite, con una carenza eccezionale di chicchi lungo tutta la loro superficie, e, dove sono presenti, rivelano una colorazione giallastra ed inferma.

7)       Nel periodo, in cui si suppone sia accaduto il fenomeno, sono stati scorti da 2 giovani di Mezzogoro (FE) dei globi luminosi di colore biancastrao all’altezza di Berra e Serravalle.

8)       La mancanza totale di piantine e di radici in loco per una lunghezza di 120 cm. Lascia presupporre con un alto indice di attendibilità che una sonda calata dall’alto abbia estratto dal terreno di Zaghini le piantine con le rispettive radici e con la terra, in cui crescono. La presenza delle buche siffatte è concepibile con una campionatura profonda del terreno.

9)       La pietra, costituita da argilla cotta, è stata sottoposta a elevata temperatura. Se ne deduce che quella zona, isolata e priva di altre tracce esterne alle orme in questione, abbia ricevuta una raffica d’energia (con ogni probabilità microonde) con una componente termica.

10)   Altre considerazioni sono sempre possibili ma per ora le più attendibili risultano le più logiche anche se le più impensabili: un UFO è calato sul terreno di Zaghini, ha prelevato dei campioni di terra e di vegetali ed è ripartito verso l’alto.

11)   Escluderei senz’altro qualche prototipo militare. Infatti, non si vede la necessità di far atterrare o tenere a poca distanza dal suolo un ordigno terrestre (non vedo all’infuori di un elicottero quale altro oggetto volante possa fare ciò), il quale s’interessi di piantine di mais e di campioni di terreno argilloso delle nostre zone. Il tipo di sonde usate, inoltre, non appartiene certamente alla nostra usuale tecnica agraria.

12)   Il caso di Zaghini viene confermato, infine, in modo più ortodosso dal caso del Dr. Carpenedo di Serravalle, oltre all’avvistamento fatto dai 2 giovani di Mezzogoro.

 

 

 

CASO B

 

Località: Serravalle (FE)

Data: pochi giorni prima del 9 Giugno 1984

Testimoni: Dr. Carpenedo di Adria

 

        Con il figlio del signor Zaghini, che ci faceva da guida, arrivammo all’Azienda Crepalda Vecchia, a Serravalle, a pochi chilometri da Berra. Dopo circa 20 minuti di ricerca del proprietario riuscimmo a rintracciarlo nel bel mezzo della campagna, quasi tutta coltivata a mais.

        Il Dr. Carpendo, allora 52enne, laureato in Scienze Agrarie, abitava ad Adria ma aveva come seconda residenza l’Azienda Crepalda Vecchia, in Via Canal Bianco, 172, Serravalle. Ci presentammo, identificandoci come da Zaghini. Ci apparve una persona molto cordiale e scettica sull’esistenza degli UFO, con una condizione culturale ben diversa da quella di Zaghini.

Ci raccontò cosa era accaduto: “L’8 Giugno, Venerdì, durante uno dei soliti controlli ai filari di maissono rimasto di stucco nel constatare come un’area circolare del mio terreno fosse stata privata delle piantine, dal momento che 3 giorni prima ero passato per lo stesso posto e non vi era nulla di anormale. Ho notato un ampio cerchio con 2 grosse buche al centro e delle scanalature disposte all’interno a forma di raggiera, alternandosi con delle buche più piccole”.

        Ci portò sul posto, non molto distante dal luogo in cui ci trovavamo.

“Nonvedrete le scanalature e le buche più piccole perché, dopo qualche giorno, non facendoci più caso, benché non mi riuscisse di spiegare lo strano fenomeno, ci sono passato sopra con il trattore, cancellandole. Sentendo, però, che qualcosa di simile è accaduto anche al signor Zaghini, sono curioso di avere una spiegazione in merito da voi, studiosi della materia ufologica, di cui non so niente”.

 

        Pazientemente, mentre i miei tecnici prelevavano campioni di terra, di piantine ed eseguivano misure con alcuni detector in nostro possesso, spiegai al Dr. Carpendo le caratteristiche degli oggetti volanti non identificati, di natura non terrestre, le impronte che spesso lasciano in zone di campagna ed in luoghi isolati ed altri argomenti annessi.

Anche in questo caso fotografammo tutta l’area interessata. Alcuni documenti fotografici qui seguenti mostrano tutte le caratteristiche del fenomeno.

 

Evidenze fotografiche (caso di Serravalle)

     

 

        Il caso del Dr. Carpendo risultava molto più vistoso. Era evidente che l’UFO fosse atterrato sottraendo dal campo di mais campioni di piantine e di terra. Non siamo certi, però, che le due buche centrali siano dovute a sonde esplorative o a carrelli d’atterraggio. Un fatto è certo: le piantine circostanti l’area circolare, come nel caso di Zaghini, hanno avuto una crescita ritardata, come risulta dai campioni di pannocchie on nostro possesso forniteci dallo stesso carpendo qualche mese dopo. Le foglie delle piantine ancora in erba presentavano le stesse caratteristiche di quelle di Zaghini.

        Qualche mese dopo le nostre indagini il Dr. Carpenedo m’invitò a tenere una conferenza in tema ufologico, con proiezioni di diapositive, ad Albarella, davanti ad una settantina di soci del “Rotary Club” di Adria e di Rovigo, club di cui fa parte anche lui.

        Lo scetticismo del Dr. Carpenedo aveva subito uno scossone, visto che parlava del suo caso a tanti suoi amici e soci del club. Quella sera, nell’isola di Albarella, dopo uno squisito pranzo iniziato con gli auguri del Presidente del Rotary, Cav. Gino Navicella, e dopo aver trattato del tema ufologico personalmente, ricevetti i ringraziamenti per la serata trascora in modo del tutto diversa dalle altre.

        Lascio ai lettori il compito di trarre le deduzioni sui due casi trattati sopra.

        Vorrei ricordare loro che i terreni coltivati a mais, numerose volte hanno ricevuto la visita di UFO. Le tracce fisiche sulla superficie ne confermano la presenza e, come sempre, danno adito a molte critiche e dubbi. Basterebbe soltanto ragionare a fondo e chiedersi del perché di quelle tracce per diluire tutta la vasta gamma di illazioni a favore di prototipi o oggetti di natura terrestre, i quali non avrebbero alcun motivo di mettere a repentaglio la propria segretezza e di discendere su semplicissimi campi di vegetali altrettanto comuni, situati il più delle volte in zone isolate da centri abitati.

        I carabinieri di Berra ricevettero da noi dell’USAC la notizia che anche al Dr. Carpenedo era successo un fac simile del fenomeno di Zaghini. Il loro intervento non fu, però, richiesto dall’interessato.

        Il fatto eclatante fu che il terreno del cerchio di m 2.25 di diametro rimase sterile per 1 anno e mezzo, come si può notare da una delle foto riportate sopra, durante una nostra ulteriore visita al campo di Carpenedo. Dalle analisi compiute risultò che il terreno non riportava anomalie di composizione chimica ma sparizione completa di vita batterica. Così come una carica energetica (del tutto probabile che si trattasse di microonde ad altissima frequenza ed intensità) aveva annullato ogni possibile traccia di forme virali.

Le didascalie delle foto riassumono gli aspetti analitici e narrativi di alcune analisi del caso.

 

Prof. Sebastiano Di Gennaro