Fissione nucleare al centro della Terra

 

di Marcello Soave

 

 

 

Lo scienziato americano J. Marvin Herndon sostiene che l’energia che scalderebbe fino alla fusione le pietre che escono dai vulcani sotto forma di magma, non sarebbe né solamente la pressione né solamente la radioattività, ma bensì la fissione nucleare spontanea. Ricercatore indipendente, è noto alla comunità scientifica per la sua teoria tanto affascinante quanto controversa secondo cui nel centro della Terra esisterebbe un reattore nucleare naturale, un georeattore. Un fenomeno che rivoluzionerebbe completamente ciò che sappiamo delle dinamiche degli strati interni del pianeta e delle loro manifestazioni in superficie, dai sismi ai vulcani.

Nonostante che la voce di Herndon si sia alzata attraverso riviste scientifiche internazionali prestigiose, poche sono state le risposte della comunità dei geofisici nei confronti di un ventennio di ricerche, per altro sostenute a proprie spese. Questo perché la sua voce è troppo fuori dal coro.

Herndon ha raccolto delle prove a sostegno della sua teoria: la più importante proviene dallo studio delle proporzioni di elio–3 ed elio–4 contenute nella lava di alcuni vulcani particolari, come quelli nelle Hawaii o in Islanda. Questi elementi chimici potrebbero verosimilmente risalire da zone molto più profonde del previsto, molto vicine al nucleo terrestre, come prodotti di una fissione nucleare che si verificherebbe all’interno della Terra a causa di ingenti concentrazioni di uranio. Per Herndon l’elio–3 sarebbe prodotto da reazioni di fissione nucleare nel nucleo terrestre. Per verificarlo, insieme all’ingegnere americano Daniel F. Hollenbach dell’Oak Ridge National Laboratory, lo studioso ha eseguito una simulazione di un reattore al centro della Terra. I risultati sono stati sorprendenti. «Si è visto», dice Herndon, «che il georeattore produrrebbe elio–3 ed elio–4 in proporzioni molto simili a quelle che oggi si trovano nei magmi, e in una quantità che coincide con quella che il reattore naturale avrebbe rilasciato nell’arco di tempo dell’esistenza del nostro Pianeta».

Herndon non è l’unico a sostenere questa teoria. Nel 1956 il fisico giapponese Paul Kuroda avanzò l’ipotesi che piccoli giacimenti di uranio avrebbero potuto funzionare come reattori nucleari naturali, capaci di autoalimentarsi fino all’esaurimento del carburante. Nel 1972 arrivò la conferma.

Alcuni scienziati francesi della centrale nucleare di Pierrelatte, nell’eseguire analisi di routine sul rapporto dell’uranio–238 e dell’uranio–235, scoprirono in alcuni campioni che quelle misure avevano qualcosa di insolito: il rapporto fra i due elementi era leggermente diverso.

I campioni provenivano dalla miniera africana di Oklo nel Gabon. In un primo momento, gli scienziati pensarono che qualcuno avesse fatto esplodere da quelle parti una bomba atomica, perché l’unico modo di far cambiare quel rapporto è una reazione nucleare. Ma il successivo rinvenimento a Oklo di fossili di un primo reattore nucleare naturale ha tolto ogni dubbio.

A me personalmente la teoria di Herndon-Kuroda pare convincente. Innanzitutto perché è ridicolo che l’immenso calore ed energia che servono per far fondere tonnellate di roccia in magma, provengano solo da radioattività. Men che meno dalla pressione, che può spiegare il formarsi dei diamanti dalla grafite per compressione del materiale, ma che non spiega la fusione di materiale, che richiede appunto alte temperature e non alte pressioni. E poi perché questa teoria mi sembra in linea con le attuali conoscenze sulla formazione della Terra. Secondo i cosmologi la Terra si sarebbe formata contemporaneamente al sistema solare per collasso gravitazionale di una immensa nube cosmica, che avrebbe formato il sole (con il 99% della massa di partenza) e gli altri pianeti, tra cui la Terra. Così come sulla Terra avviene il fenomeno della sedimentazione, allo stesso modo nei pianeti in formazione si sarebbero dovuti accumulare gli elementi più pesanti nel centro dei pianeti e quelli più leggieri sulla superficie. Naturalmente non proprio come un liquido, ma al massimo come liquido molto viscoso, se non semplicemente come insieme di solidi in “rimescolamento”. E se in sudafrica e in altri luoghi sulla superficie della Terra vi sono miniere di uranio (uno degli elementi dal peso specifico più elevato), perché scartare l’ipotesi che più si scenda in profondità più ve ne sia?

Inoltre mi ricordo di un incidente nucleare occorso in Giappone, a Tokaimura, in cui per sbaglio si era stoccato tutto il plutonio in un’unica vasca non schermata nei magazzini della centrale a fissione. Si era così superata la massa critica e la fissione del plutonio, naturalmente, iniziò in modo incontrollato fuori dalla camera dotata delle barre di grafite per il rallentamento della reazione. Poi la tragedia venne evitata grazie all’eroismo di alcuni tecnici che si sacrificarono andando nei magazzini a trasferire il plutonio in contenitori più piccoli e adatti. Questo incidente dimostra che se la concentrazione di elementi come il plutonio o l’uranio supera un certo limite, la reazione si innesca autonomamente. Secondo Herndon al centro della Terra vi sarebbe un nocciolo di Uranio in fissione attiva, racchiuso in una sfera del diametro di circa 8 km.